Santi
La canonizzazione è la dichiarazione ufficiale
della santità di una persona defunta. Emettendo questa dichiarazione, si
proclama che quella persona si trova con certezza in Paradiso e in più,
rispetto alla semplice beatificazione, se ne permette la venerazione come
santo nella chiesa universale.
Nella Chiesa cattolica, la canonizzazione avviene al termine di
un'apposita procedura, che dura in genere molti anni, chiamata processo di
canonizzazione.
Negli ultimi decenni, è
richiesto, per ottenere la canonizzazione, che vengano riconosciuti dei miracoli attribuiti
all'intercessione della persona oggetto del processo. La decisione finale
sulla canonizzazione è in ogni caso riservata al Papa, attraverso un atto
pontificio.
Dal:
I-V secolo
Nei primi cinque secoli di vita delle comunità cristiane, non si parla
propriamente di santi, ma più di martiri: la venerazione dei defunti si
focalizza soprattutto su quelle persone che, pur di non rinnegare il
Signore e il suo messaggio rivelatore, preferirono immolare la propria
vita come testimonianza di fede.
VI-XI secolo
Con l'inizio del Medio Evo vede la luce una forma embrionale di processo
di canonizzazione, operata dai vescovi che autorizzano la venerazione dopo
una sommaria inchiesta e la redazione della Vita del santo, ovvero una
sorta di biografia agiografica contenente i suoi miracoli.
Si parla, in questo periodo, di "canonizzazione vescovile". La figura del
santo comincia a delinearsi in maniera più indipendente e a differenziarsi
da quella dei martiri e dei confessori dei primi secoli.
XII-XVI secolo
Nel XII secolo, papa Alessandro III rivendicò a sé il potere di
riconoscere una persona come santo, al fine di mantenere un'uniformità di
culto in tutta la Cristianità, inserendo definitivamente i processi di
canonizzazione.
XVII-XIX secolo
Numerosi cambiamenti ci furono con gli interventi di Sisto V che creò la
Congregazione dei riti e di Urbano VIII, che arricchì ed articolò la
procedura. Nasce la distinzione netta tra beatificazione e canonizzazione, la riserva papale viene ulteriormente rafforzata, con conseguente
divieto di venerazione di defunti che non siano stati riconosciuti come
santi.
XX secolo
Tutta la normativa, frutto di elaborazioni millenarie, rimase in vigore
fino alla codificazione del 1917. L'eccessivo positivismo della prima
codificazione, che aveva portato all'esclusione delle indagini sinodali e
vescovili e allungato e complicato le procedure, indusse Paolo VI a
riformare la canonizzazione, semplificando il processo in due fasi,
un'istruttoria a livello locale, ed una dibattimentale riservata
all'ambiente romano.
I Dottori della Chiesa cattolica
sono uomini
e donne illustri per santità di vita, ma soprattutto per la loro eminente
dottrina nelle cose sacre testimoniata specialmente negli scritti. La
sapienza che si riconosce ai Dottori ha le sue radici nella rivelazione
biblica, dove non è mai separata da una povertà di
spirito: la sapienza viene da Dio e non dall'uomo. La conoscenza dei
misteri della fede che i Dottori testimoniano è un dono che risponde alla
loro intensa passione per la ricerca, resa credibile dalla santità della
loro vita.
Questo titolo è loro conferito con decreto del papa o del concilio
ecumenico.
Il titolo di Dottore dalla chiesa è concesso
o dal Papa o da un Concilio. Questo onore è attribuito raramente:
attualmente si contano 36 nomi che coprono circa duemila anni di teologia;
viene dato solo postumo e dopo che c'è già stato un processo di
canonizzazione.
ELENCO DEI SANTI BRESCIANI
(dal sito diocesi di Brescia)
ELENCO DEI DOTTORI DELLA CHIESA
BREVE PROFILO DI SANTI E BEATI
A
B
C
D
E
F
G
H
I
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
Z
A------------------------------------------
S. AFRA DI BRESCIA,
martire.
Brescia, 120 circa.
Ricorrenza: 4 maggio
Secondo la leggenda convertita dai ss. Faustino e Giovita fu
battezzata dal Vescovo S. Apollonio.
Una Santa martire di cui si sa poco; la “passio”, di autore ignoto,
inserita negli atti dei santi Faustino e Giovita, non fornisce nessuna
indicazione precisa riguardo alla sua identità; in qualche codice viene
descritta come moglie del prefetto Italico, nobile bresciano, che secondo
la ‘passio’ avrebbe recato il simulacro di Saturno nell’anfiteatro, perché
ai suoi piedi un gruppo di cristiani fossero sbranati dalle belve feroci.
La “Passio” è inserita in un racconto molto conosciuto nell’VIII e IX sec.;
Afra era presente quando Faustino e Giovita furono condotti nell’anfiteatro
di Brescia per il martirio;ella tracciando un segno di croce, avrebbe fermato
la furia di cinque tori che docilmente si accosciarono ai piedi dei santi.
Tale prodigio portò diverse migliaia di spettatori presenti, ad abbracciare
la fede cristiana. Afra venne denunciata all’imperatore Adriano (117-138)
come cristiana, e dopo la decapitazione di Faustino e Giovita, egli la fece
torturare e condannare a morte, subendo il martirio insieme alla schiava
Samaritana.
Dal libro di PAOLO GUERRINI - PAGINE SPARSE
Le spoglie di S. Afra sepolte assieme a quelle di molti altri martiri,
incominciarono ad avere un culto peculiare quando furono tolte dallo
stesso cimitero le spoglie dei santi Faustino e Giovita nel luogo in cui il vescovo S.
Faustino (un altro Santo col nome Faustino) costruirà la chiesa di S.
Faustino ad Sanguinem. La prova del culto si trova in una rozza lapide
scolpita nel 1284 ed inserita in un pilone della chiesa inferiore. La
chiesa dedicata ai Santi Faustino e Giovita (S. Faustino ad Sanguinem),
costruita sul luogo del martirio, dopo la traslazione dei corpi dei due
martiri nell’806, fu dedicata a S. Afra, oggi dedicata a Sant'Angela
Merici e situata in via Francesco Crispi a Brescia.
Nel 1296 il prevosto Savoldo presentò al vescovo e al comune una supplica
per ottenere ogni anno la celebrazione solenne della festa di S. Afra.
Il podestà Bonifacio de’ Samaritani accolse la supplica.
INel 1884 il corpo venne riposto in un’arca di pietra.
Nel 1603, terminata la chiesa, venne riposta in una urna nera (secondo
altare sinistra) urna con scolpite le parole: HIC REQIESCIT CORPUS B. APHRAE
Emblema: Afra è raffigurata, con la palma e la lama seghettata
simboli del suo martirio,a volte anche con il modello della città.
S. AGNESE, vergine e martire.
Laica
Nata a Roma, fine sec. III, o inizio IV°.
La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251,
secondo altri nel 304.
Ricorrenza: 21 gennaio
Agnese nacque da genitori
romani e cristiani. Le fonti testimoniano che ella aveva deciso di consacrare la
sua vita a Dio
donandogli la sua verginità; quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione ed
ella fu denunciata come cristiana, dal figlio del Prefetto di Roma, che
invaghitosi di lei voleva sposarla, ma respinto, fece in modo che
Agnese subisse il martirio. Condannata a morte, non si sa se
per decapitazione, come asseriscono Ambrogio e Prudenzio, o nel fuoco
come narra,
un’incisione sulla sua lastra tombale composta da papa Damaso: "Agnese
affrontò il rogo con coraggio e con l’atto di coprirsi il corpo nudo con i
capelli"
Varie le
leggende sugli eventi riguardanti la sua morte:
fu esposta nuda in un luogo per pubbliche prostitute, oggi cripta di Sant’Agnese
in piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla, cadde morto prima di
poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione
della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni e
i capelli le crebbero al punto di ricoprire il
corpo nudo, fu
allora colpita con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si
uccidevano gli agnelli, senza mai perdere la propria verginità.
La crudeltà fu tanto più detestabile in quanto non si risparmiò
neppure la sa tenera età. Dopo la sua morte, il corpo fu sepolto nelle catacombe
lungo la via Nomentana, oggi conosciute con il suo nome.
Nel secolo successivo alla sua morte, sul luogo della sua sepoltura,
Costantina, figlia di Costantino, volle costruire una chiesa per onorarla.
Patronata:
dei
giardinieri,
protettrice di vergini e di fidanzate in quanto scelse
Cristo come suo fidanzato.
Emblema: Giglio, Palma può presentare il corpo coperto da lunghe
chiome, spesso è raffigurata con un agnello, simbolo del candore e del
sacrificio.
S. AGOSTINO
D'IPPONA
(Aurelio Agostino).
Filosofo, teologo latino
e Vescovo di Ippona detto Doctor Gratiae ("Dottore
della Grazia").
Tagaste oggi Souk Ahras (Algeria), 354– Ippona oggi
Annaba (Algeria), 430)
Ricorrenza: 28 agosto
Fu proclamato Dottore della chiesa da papa
Bonifacio VIII nel 1298
Sant'Agostino nasce da una famiglia di piccoli
proprietari terrieri. Convertito alla fede cattolica,
dopo una adolescenza inquieta nei principi e nei
costumi, l'incontro nel 387 a Milano con
Sant'Ambrogio, da cui fu battezzato, lo riportò alla
fede. Tornato in Africa, condusse con alcuni amici
vita ascetica, dedita a Dio e allo studio delle
Scritture. Fu ordinato sacerdote e vescovo di Ippona,
fu per trentaquattro anni maestro del suo gregge, che
istruì con sermoni e numerosi scritti, con i quali
combatté anche strenuamente contro gli errori del suo
tempo (le eresie) a cui dedica parte della sua vita.Per il suo pensiero, racchiuso in testi come
«Confessioni» o «Città di Dio», ha meritato il titolo
di Dottore della Chiesa. A lui si deve la
prima sintesitra Filosofia e Fede che dimostra come sia
possibile un accordo tra città terrena e città celeste. In un mondo come quello
attuale, in cui la città terrena sembra essere in
contrasto con quella celeste, il suo messaggio è
ancora un monito e una speranza per l'umanità. Non
c'è area della filosofia e della teologia in cui il
suo pensiero non abbia lasciato il segno, non
soltanto attraverso tutta l'età medioevale ma anche
quella moderna.
Secondo Antonio Livi è stato «il massimo esponente
della teologia e della filosofia cristiana latina del
primo millennio e certamente anche uno dei più grandi
geni dell'umanità in assoluto».
Emblema: Bastone pastorale, Libro, Cuore di
fuoco, Abiti vescovili.
S. ALBERTO MAGNO, vescovo detto Doctor Universalis.
Lauingen (Germania), 1193-1206 circa - Colonia, 1280
Ricorrenza: 15 novembre
Fu proclamato Dottore della chiesa da papa
Pio XI nel 1931.
Nacque in Germania,
molto giovane venne in Italia per studiare le arti a Padova. Durante
il soggiorno nella penisola, conobbe i domenicani, dai quali fu inviato a Colonia per la
formazione religiosa e per lo studio della teologia. Entrato nell’Ordine
dei Predicatori, insegnò a Parigi con la parola e con gli scritti,
filosofia e teologia, durante i quali ebbe un allievo d’eccezione: Tommaso
d’Aquino. Rimandato dai superiori a Colonia per fondarvi lo studio
teologico, portò con sé Tommaso con il quale avviò un progetto molto
ambizioso: il commento dell’opera di Dionigi l’Areopagita e degli scritti
filosofico naturali di Aristotele. Alberto vedeva il punto d’incontro di
questi due autori nella dottrina dell’anima. Riuscì ad unire in mirabile
sintesi la sapienza dei santi con il sapere umano e la scienza della
natura. Alberto dava così avvio all’orientamento mistico nel suo ordine
che sarà sviluppato da maestro Eckhart, mentre la ricerca
filosofico - teologica verrà proseguita da S. Tommaso.
È considerato il più grande filosofo e teologo tedesco del medioevo, grande studioso delle scienze naturali. Fu provinciale dell’ordine domenicano per il nord
della Germania, per breve tempo vescovo di Ratisbona, dove si adoperò
assiduamente per rafforzare la pace tra i popoli, ma dopo un anno preferì
la povertà dell’Ordine a ogni onore
e spendendo
il resto della sua vita tra preghiera e composizione di opere scientifiche
ed ascetiche.
Protettore
di scienziati, naturalisti e studenti di scienze naturali.
Emblema: bastone pastorale.
Attributi: il libro e la penna.
S. ALFONSO MARIA DE'
LIGUORI, detto Doctor Zelantissimus- Vescovo.
Marianella (Napoli),1696- Nocera de' Pagani (Salerno),1787
Ricorrenza: 1 agosto
Fu proclamato Dottore della Chiesa da papa
Pio IX nel 1871 a soli 84 anni dalla morte, mentre Pio XII nel 1950 gli conferì il
titolo di "celeste Patrono di tutti i confessori e moraisti"
Nasce a Napoli nel 1696 da genitori appartenenti alla nobiltà, fino a ventisette anni prevalsero gli studi privati nel campo della
musica, delle scienze, delle lingue, filosofia e del diritto, seguiti da
una iniziale brillante carriera forense. Dopo alcuni anni di avvocatura,
decide di dedicarsi interamente al Signore. Ordinato prete nel 1726,
dedica quasi tutto il suo tempo e il suo ministero agli abitanti dei
quartieri più poveri di Napoli del 700.
Nel maggio del 1730, incontra i pastori delle montagne e, constatando il
loro profondo abbandono umano e religioso, sente la necessità di
rimediare. Lascia Napoli e con alcuni compagni, sia pure tra molti
ostacoli, istituì la Congregazione del SS. Salvatore, successivamente
approvata dal papa Benedetto XIV come Congregazione del SS. Redentore, per
l’evangelizzazione dei semplici. Alfonso Maria è autore di celebri melodie
natalizie, tra cui la famosissima “Tu scendi dalle stelle”.
Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti s’impegnò oltremodo in questo
ministero. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo scrisse
libri, specialmente di morale e disciplina dando spazio alle “voci
interiori della coscienza”
Tra le sue numerosissime opere di meditazione e di ascetica, l’ancora oggi
studiata, “Theologia moralis”. È questo in effetti il vero
capolavoro.
Emblema: Crocifisso nella mano destra, bastone pastorale.
S. AMBROGIO
DI MILANO, vescovo e scrittore.
Treviri (Germania), 339 o 340 – Milano, 397
Ricorrenza: 7 dicembre
Proclamato dottore della chiesa da Bonifacio VIII nel 1298
e annoverato tra
i massimi dottori della Chiesa ,fu una delle personalità più importanti del
IV sec. ed una delle più belle figure della cristianità. Vescovo di Milano,
vero pastore e maestro dei fedeli, fu pieno di carità verso tutti, difese
strenuamente la libertà della Chiesa e la retta dottrina della fede contro
l’arianesimo. Alla Chiesa di Milano lasciava un ricco tesoro di
insegnamenti, che si conserva ancor oggi, nel campo liturgico e musicale.
Ambrogio fu un magistrato e a trent’anni era già Console di Milano. Il suo
governo fu talmente apprezzato dal popolo che, nel 374 quando morì il
vescovo ariano Aussenzio, cattolici e ariani, dopo prolungati e aspri
dissensi sul diritto di nominare il nuovo Vescovo, si accordarono per
eleggere Ambrogio. Inizialmente fu talmente sorpreso che, per sottrarsi
all'incarico, fuggì fuori Milano. Ma dopo averci pensato decise di
accettare, anche se era in attesa del Battesimo! Cominciò distribuendo i
suoi beni ai poveri e dedicandosi allo studio della Sacra Scrittura,
imparò a predicare, divenendo uno dei più celebri oratori del suo tempo,
capace di incantare perfino Agostino di Tagaste, che si convertì grazie a
lui. Mantenne stretti e buoni rapporti con l’imperatore, ricordando a
tutti che "l’Imperatore è dentro la Chiesa, non sopra la Chiesa".
Attributi: bastone pastorale, api e gabbiano.
S. ANGELA MERICI,
vergine.
Desenzano del Garda intorno al 1474, morì nel 1540 a Brescia.
Patrona secondaria della diocesi dal 2010.
Il suo corpo è venerato nell’omonimo santuario a Brescia.
Ricorrenza: 2 gennaio, mentre la
diocesi di Brescia la ricorda il 27 gennaio (Solennità in città).
Proclamata Santa nel 1807 da Papa Pio VII.
Nata da modesta famiglia, ultima di sei figli, ricevette dai suoi una
scarsa formazione intellettuale, ma una solida educazione cristiana. La
sua vita è precocemente segnata dai lutti, con la morte della sorella, a
cui era legatissima e dei genitori. È ancora una ragazzina quando viene
accolta dallo zio materno a Salò, ove rimarrà per tutta l'adolescenza. La
famiglia dello zio viveva con una certa agiatezza e questo ebbe l'effetto
di accentuare in lei, di modeste esigenze e di grande semplicità,
l'inclinazione alla penitenza e il desiderio del chiostro; rimase tuttavia
a lungo incerta sulla sua vocazione. Intanto con un cugino, Bartolomeo
Biancosi, che avrebbe più tardi fatto parte di una Compagnia del Divino
Amore in Salò, prese a frequentare il convento dei frati cappuccini di S.
Bernardo facendosi terziaria francescana.
Tornata nel 1500 a Desenzano, ebbe qualche tempo dopo una visione che le
permise di risolvere i suoi dubbi tra la contemplazione e la vita attiva;
rinunciò al monastero e si diede ad opere di carità assistendo ed aiutando
donne e fanciulle della sua città.
Nel 1524 con un cugino, Bartolomeo Biancosi, si recò in Terrasanta:
durante il viaggio perse improvvisamente la vista che recuperò solo al
ritorno. Dentro di sé, però, vide una luce e una scala che saliva in
cielo, dove la attendevano schiere di fanciulle che prefigurava la
fondazione della Compagnia di S. Orsola. Tornata in patria, diede vita
alla nuova congregazione radunando intorno a sé amiche e consorelle che da
lei, pur rimanendo ciascuna nel proprio ambiente, erano seguite e
consigliate.
Nel 1535 fondò a Brescia l'Istituto femminile di Sant'Orsola,
finalizzato allo scopo di istruire alla vita cristiana le ragazze povere:
congregazione le cui suore sono ovunque note come Orsoline. La sua idea di
aprire scuole per le ragazze era rivoluzionaria per un'epoca in cui
l'educazione era privilegio quasi solo maschile.
La regola della Compagnia di S. Orsola, approvata dopo la morte della
fondatrice nel 1544, si diffuse rapidamente in Italia e fuori, contribuendo
attivamente alla restaurazione morale e religiosa del mondo cattolico.
Emblema: Giglio
BEATA ANNUNCIATA
(Annunciata Asteria) COCCHETTI,
vergine e fondatrice.
Rovato 1800,
Cemmo di Capo di Ponte, (Bs) nel 1882.
La sera del 22 gennaio 1951 avvenne in privato la traslazione delle sue
spoglie, che furono tumulate nell’atrio della Cappella di Casa Generalizia
delle Suore di S. Dorotea a Cemmo.
Ricorrenza: 23 marzo (11 maggio
Memoria per la diocesi di Brescia)
Beatificata da Giovanni Paolo II° nel1991.
Nata a Rovato (Bs), terza dei sei figli, di famiglia borghese, a 7 anni rimane orfana di
entrambi i genitori e viene affidata alla nonna paterna, donna di fede
profonda e saggia educatrice. A 17 anni, con il consenso della nonna, apre
in casa propria una scuola gratuita per le fanciulle povere del paese. Si
impegna anche nell’oratorio femminile appena aperto a Rovato. A 19 anni
partecipa alle Missioni Popolari e in seguito a questa esperienza scrive
la sua “Regola di vita” alla quale si atterrà sempre.
A 22 anni divenne la prima insegnante della scuola femminile di Rovato.
La morte della nonna, che l'aveva allevata, la porta a vivere a Milano,
nella casa dello zio Carlo, che non condivide i suoi ideali e la vorrebbe
sposata.
Nel 1831 andò a Cemmo in Valcamonica dove si trovava una scuola aperta da
Erminia Panzerini, che fin dal 1821 la gestiva secondo lo spirito
dell'Opera di Santa Dorotea. Annunciata vi prestò la sua opera di
maestra per dieci anni. Alla morte della Panzerini nel 1842 si trasferì
a Venezia divenendo una suora Dorotea. Nell'ottobre dello stesso anno
ritornò a Cemmo con altre due religiose e nel 1843 pronunciò i voti. Per
40 anni si dedicò all'apostolato in Valcamonica.
Nel 1853 aprì a Cemmo un noviziato proprio. Negli anni successivi Suor
Annunciata si dedicò alla sua comunità, alla scuola e particolarmente alle
sezioni della Pia Opera sparse nei vari paesi. Aprì il collegio per
ospitare le ragazze che venivano da lontano e curò progressivamente
l’ampliamento del convento e delle strutture necessarie alla crescente
attività educativa.
Emblema: Giglio
S. ANSELMO D'AOSTA
o Anselmo Di Canterbury, arcivescovo, teologo e filosofo.
Aosta, 1033 o 1034 - Canterbury, 1109.
Ricorrenza: 21 aprile
Proclamato Dottore della Chiesa da Clemente XI nel 1720.
Soprannominato Doctor magnificus.
Nel 1060 Anselmo entra nel seminario benedettino del Bec (Francia) e
grazie alle sue qualità ne divenne priore e quindi abate. Insegnò ai suoi
confratelli a cercare Dio con l’intelletto della fede e qui avvierà la sua
attività di ricerca.
Nel 1093 diventa arcivescovo di Canterbury e negli anni successivi lottò
strenuamente per la libertà della Chiesa, nella lotta per le investiture
che vedeva contrapposti i sovrani d'Inghilterra e il Papato sopportando
per questo l’esilio a Roma per due volte.
Considerato tra i maggiori teologi dell'Occidente. Anselmo è noto
soprattutto per la dimostrazione dell'esistenza di Dio. La sua ricerca è
tutta concentrata sulla figura di Dio. La sua riflessione filosofica e
teologica, si articolò su diversi problemi, studiò i problemi dottrinali
come quello della Trinità o come quelli legati al libero arbitrio, al
peccato originale e alla grazia.
Emblema: Bastone pastorale e nave
S. ANTONIO ABATE, eremita e taumaturgo
Coma, Egitto, 250 ca. – Tebaide (Alto Egitto) 356 circa
Ricorrenza: 17 gennaio
Nacque a Coma, in Egitto,intorno al 250
Visse in solitudine nel deserto, e lo si ritiene fondatore del
monachesimo.
E' vestito da vescovo, perché gli abati hanno dignità vescovile;
resistette con la preghiera alle crudeli tentazioni del diavolo, insegnò
l'ascesi, e operò miracolose guarigioni, in particolare dell'herpes
zoster, detto "fuoco di Sant'Antonio". Nel medioevo i malati accorrevano a
Saint-Antoine de Viennois, dove religiosi dell'ordine ospedaliero degli
Antoniani curavano questo male con unguenti di grasso di maiale.
Nell'iconografia è rappresentato contornato da
donne procaci,simbolo delle tentazioni, o animali domestici come il
maiale di cui è popolare protettore.
Patronato:eremiti, monaci
Emblema:bastone pastorale, campana,
croce a T.
Attributi: abito vescovile, maiale, fuoco.
S. ANTONIO DI PADOVA
(Fernando di Buglione). Sacedote
Lisbona 1195 - Padova 1231.
Ricorrenza: 13 giugno
Proclamato Dottore della Chiesa da Pio XII nel 1946.
Novizio tra i canonici di S. Agostino, fu ordinato sacerdote nel 1219 col
nome di Antonio.
Quando nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, decide
di lasciare l'ordine di Sant'Agostino e entrare nel romitorio dei Minori
Francescani.
Nel 1221 invitato al Capitolo Generale di Assisi, ha modo di ascoltare
S. Francesco
che, riconosciute le sue doti di predicatore,
lo mandò a predicare in Romagna.
Predicatore dotato di grande sapienza e cultura, su mandato di Francesco,
insegnò teologia ai suoi confratelli. Supervisore dei conventi
francescani, fu inviato dallo stesso Francesco a contrastare la diffusione
dell'eresia catara in Francia.
Scrisse sermoni imbevuti di dottrina e di finezza di stile,
apprezzati per gli insegnamenti dottrinali.
Poco prima di morire ebbe il dono di tenere in braccio Gesù bambino. Di
lui si narrano grandi prodigi miracolosi,
sia in vita che dopo la sua
morte.
Tali eventi facilitarono la sua canonizzazione, inferiore ad un anno (è il
Santo canonizzato più rapidamente nella storia della chiesa)
Patrono
del Portogallo, di
Padova, dei commercianti del vetro, delle reclute, dei
prigionieri, di orfani, viaggiatori e poveri.
Patronato:affamati,oggetti
smarriti,poveri.
Emblema: saio francescano, Gesù bambino, giglio,pesce.
S. ARCANGELO TADINI,
parroco.
Nato a Verolanuova 1846 – morto a Botticino 1912
Ricorrenza: 20 maggio (la diocesi di Brescia lo ricorda il 21 maggio)
Canonizzato da papa Benedetto XVI il 26
aprile 2009.
Il suo corpo è venerato nella cappella della Casa Madre delle Suore
Operaie della S. Casa di Nazareth, a Botticino.
Nato da una famiglia nobile, entrò nel seminario di Brescia nel 1864, dove
si trovava già uno dei suoi fratelli. Ordinato sacerdote, nel 1870, il suo
primo incarico fu quello di vicario cooperatore della parrocchia di
Lodrino (BS) e maestro elementare nella scuola comunale. Successivamente
cappellano presso il santuario di S.Maria della Noce a Brescia fino al
1885. Nel 1887 divenne parroco, a Botticino Sera (BS), carica che tenne
fino alla morte.
Il Tadini, oratore nato, si manifestò tale fino dai primordi del suo
ministero. Nella predicazione faceva piangere perché sapeva commuovere.
Soprattutto era il moralista che richiamava il suo popolo a una vita
onesta e cristiana.
Per l’insegnamento del catechismo ai fanciulli introdusse una grande
novità per allora, le proiezioni luminose. Si mostrò un severissimo tutore
della dignità della donna. Fu fondatore dell’oratorio femminile; dettò
regole che, se oggi possono sembrare strette, allora educarono tutta la
gioventù femminile del paese ad un autentico cristianesimo.
La sua attenzione pastorale è rivolta soprattutto alle povertà del
difficile periodo della prima industrializzazione: conobbe le difficoltà
fisiche e morali della classe operaia. Coltivando per tutta la sua vita la
carità in modo eroico, consumando il suo patrimonio e privandosi di tutto.
Con il suo patrimonio personale, costruì una filanda per evitare
l'emigrazione delle ragazze del paese inoltre un pensionato per
lavoratrici.
Nel 1893 fondò l'associazione di mutuo soccorso operaio, che
forniva assistenza ai lavoratori in caso di malattia o di infortunio e si
adoperò per i diritti e la dignità dei lavoratori per assicurare
l'assistenza alle giovani.
Nel 1900 fondò la Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di
Nazareth, la cui missione era quella di lavorare con gli operai per
fornire loro istruzione e sostegno morale. Congregazione dedita alla
giustizia sociale con i tre voti canonici, vita in comune, abito
religioso, ma impegnate come vere e proprie operaie.
Per questa sua intraprendenza il Tadini ottiene calunnie e incomprensioni,
anche da parte della Chiesa. In realtà egli precorre i tempi: egli
intuisce che la Suora, operaia tra le operaie, può dare una comprensione
più positiva del mondo del lavoro, visto non più come luogo avverso alla
Chiesa, ma ambiente bisognoso di fermento evangelico.
S. ATANASIO DI
ALESSANDRIA, vescovo.
Nato e morto a Alessandria d'Egitto 295 - 373
Ricorrenza: 2 maggio
Proclamato dottore della chiesa nel 1568 da papa Pio V.
Atanasio detto il Grande nacque da genitori cristiani i quali gli fecero
impartire un'educazione classica.
Crebbe nella città che glia aveva dato i natali, città che tra le tre più grandi del mondo antico, era
sicuramente la più turbolenta e la più ricca culturalmente: vi erano oltre
ad una forte scuola cristiana anche molti cristiani considerati eretici,
gnostici e numerosi i pagani.
Discepolo di S. Antonio abate, nella gioventù, si consacrò al servizio
della Chiesa. Narrò la vita di Sant'Antonio abate e divulgò anche in
Occidente l'ideale monastico.
Nel 325 accompagnò come diacono e segretario il suo vescovo Alessandro e
presenziò al Concilio di Nicea nel quale fu solennemente definita la
consostanzialità del Figlio con il Padre. Morto il vescovo Alessandro, nel
328, Atanasio fu acclamato dagli alessandrini loro pastore. Fu vescovo per
ben 46 anni, ma furono anni durissimi, di lotta contro l’eresia ariana e
contro gli ariani.
S. Atanasio, di insigne santità e dottrina, è il più celebre dei vescovi
alessandrini. Fu il più intrepido difensore della fede nella divinità di
Cristo, proclamata dal Concilio di Nicea e negata dagli Ariani che
negavano il mistero della S.S. Trinità.
Combatté strenuamente e per questo, soffrì persecuzioni, congiure da parte
degli ariani e più volte fu mandato in esilio; tornò infine alla Chiesa a
lui affidata, dopo aver lottato e sofferto molto, con eroica pazienza. Al
termine di questa travagliata vita ebbe la soddisfazione di riuscire a
convocare nel 362 nella sua Alessandria un concilio d'oriente che, con
grande prova di larghezza d'animo, pose fine a tutte le dispute
dogmatiche, facendo semplicemente rivivere i decreti del concilio di
Nicea.
Emblema: Bastone pastorale
B-----------------------------------------
S. BASILIO MAGNO
detto il Grande, vescovo greco, chiamato il teologo. Padre della Chiesa e
con i titoli di Confessore e primo dei Padri cappadoci.
Nato a Cesarea di Cappadocia, attuale Kaysery, Turchia, 329 -330 Morì nel
379 a Cesarea dove fu sepolto.
Ricorrenza: 2 gennaio
Proclamato dottore della chiesa, nel 1568 da papa Pio V.
Basilio nacque da un ricco avvocato e da una famiglia intrisa di santità.
Oltre ai genitori Basilio ed Emmelia anche tre dei suoi fratelli sono
annoverati tra i santi. San Gregorio vescovo di Nissa, San Pietro vescovo
di Sebaste e Santa Macrina, omonima della nonna. Sua nonna, Santa Macrina
“l’Anziana”, fu discepola di San Gregorio Taumaturgo vescovo di Neocesarea
e suo nonno morì martire nella persecuzione di Diocleziano.
Studiò in patria a Costantinopoli e a Atene, dove ha conosciuto Gregorio
Nazianzeno a cui si legò con profonda amicizia.
Basilio ricevette l'ordinazione sacerdotale verso il 364 dal vescovo
Eusebio di Cesarea a cui successe sulla cattedra nel 370.
Prima di essere vescovo, dopo il battesimo, percorse Egitto, Palestina,
Siria e Mesopotamia, attratto dal richiamo del deserto e della vita
monastica. Quando fece ritorno in patria non esitò a distribuire parte dei
suoi beni ai poveri ed a ritirarsi in solitudine sulle rive dell’Iris. Ai
suoi seguaci, diede una solida formazione morale e ascetica, con le
Regole, concernenti i doveri e le virtù dei monaci, che gli valsero
l’appellativo di “legislatore del monachesimo orientale”. Insegnò
loro la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella
carità fraterna. Fu in solitudine che, insieme a Gregorio di Nazianzo,
scrisse la regola che ancora oggi ispira la vita dei monaci basiliani.
Visse solo 49 anni ma la sua dottrina,la sua sapienza ed intensa e profonda
attività di predicatore, gli valsero il titolo di «Magno».
Durante il servizio episcopale si impegnò attivamente contro l'eresia
ariana. Tra le sue opere dottrinali si ricorda soprattutto il celebre
trattato teologico sullo Spirito Santo e l'Epistolario.
Attributi: È rappresentato con il pallio; o con la colomba dello
Spirito Santo sulla spalla.
Emblema:bastone pastorale.
S. BENEDETTO DA NORCIA,
patriarca dei monaci d'occidente, abate e fondatore.
Norcia (Perugia), ca. 480 - Montecassino (Frosinone), 543/560
Ricorrenza: 11 luglio e 21 marzo
Nato a Norcia ed educato a Roma, disgustato dalla vita dissoluta, si rifugiò a Subiaco dove vestì l'abito
monastico. per i suoi molti discepoli fondò dodici piccoli monasteri dando
inizio al monachesimo d'occidente; numerosi miracoli confermarono la bontà
dell'impresa. fu poi a Cassino, il cui monastero divenne centro di vita
attiva e contemplativa. La sua regola, sintetizzata nel motto: "ora et
labora", unisce preghiera e lavoro. E' stato proclamato patrono
d'Europa.
Patronato:Europa, monaci, architetti,
ingegneri.
Emblema:bastone pastorale,coppa,corvo
imperiale.
Attributi: abito nero monacale, pastorale abbaziale, libro della
regola
S. BERNARDO DI CHIARAVALLE,
abate, fu
padre dell'Ordine Cistercense.
Bernard de Fontaine, italianizzato in Bernardo di Chiaravalle Nato nel
1090 a Fontaines lès Dijon (Digione), morì a Ville sous la Ferté Clairvaux
(Chiaravalle) 1153.
Ricorrenza: 20 agosto
Proclamato dottore della Chiesa nel 1830 da papa Pio VIII.
Nato, da una famiglia della piccola nobiltà, destinato alla carriera
ecclesiastica, andò a scuola dei canonici di Chatillon sur Seine che
terminò nel 1106.
Nel 1111, insieme ai cinque fratelli e ad altri parenti e amici, si ritirò
a Châtillon per condurvi una vita di ritiro e di preghiera finché, l'anno
seguente, con una trentina di compagni si fece monaco nel monastero
cistercense di Cîteaux, davanti all'abate Stefano Harding, su incarico del
quale fondò nel 1115, (a 25 anni) insieme con dodici compagni, il
monastero cistercense a Clairvaux, campagna disabitata, che diventa la
Clara Vallis (Chiaravalle). Diresse sapientemente con la vita, la dottrina
e l’esempio i monaci sulla via dei precetti di Dio.
Ottenuta l'approvazione del vescovo Guglielmo di Champeaux e ricevute
numerose donazioni, l'Abbazia di Clairvaux divenne in breve tempo un
centro di richiamo oltre che d’irradiazione: già dal 1118, monaci di
Clairvaux partirono per fondare nuovi monasteri. Si deve del resto a
Bernardo la rapida espansione dell'intero Ordine dei Cistercensi e la sua
dimensione ampiamente internazionale. Ai suoi Cistercensi chiede meno
funzioni, meno letture e tanto lavoro.
L'obbedienza e il bene della Chiesa lo spinsero spesso a lasciare la
quiete monastica per dedicarsi alle più gravi questioni
politico-religiose del suo tempo, come quando percorse tutta l’Europa per far riconoscere
Innocenzo II come il vero papa, insidiato dall’antipapa Anacleto II.
Bernardo pone fine allo scisma, grazie all’aiuto del suo prestigio, del
suo vigore persuasivo, ma soprattutto della sua umiltà. Partecipò
attivamente alla vita della Chiesa, mediante un'intensa attività esterna
al chiostro cui si affianca una altrettanto poderosa attività letteraria,
illuminando tutta la Chiesa con i suoi scritti e le sue ardenti
esortazioni. Maestro di guida spirituale, lascia, nei suoi sermoni di
commento alla Bibbia e alla liturgia, un eccezionale documento di teologia
monastica.
Patronato:apicoltori.
Emblema: Bastone pastorale, Libro.
S. BIAGIO,
Vescovo e Martire.
Sebastea (antica Armenia), III secolo – Sebastea 316 circa.
Ricorrenza: 3 febbraio
Venerato dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa.
Vissuto in (Asia Minore), era di professione medico ma con l’aiuto del
Signore sanava tutte le infermità sia degli uomini che delle bestie ma non
con medicine, ma con il nome di Cristo. Fu nominato vescovo della sua
città.
A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, poi venne portato
dal giudice dove confessò la sua fede cristiana e si rifiutò di
rinnegarla, maledicendo gli idoli e chiamando gli adoratori degli idoli
adoratori del demonio.
Dopo essere stato lungamente battuto e sospeso ad un legno, ove con
pettini di ferro che si usano per cardare la lana gli furono lacerate le
carni, dopo aver sofferto un'orrida prigione ed essere stato sommerso in
un lago, dal quale uscì salvo, finalmente, per ordine del medesimo
giudice, fu decapitato.
Rimane una figura misteriosa in quanto si trova per così dire in bilico
tra la storia e la leggenda: la documentazione storica è labile, ma le
testimonianze numerose. A San Biagio vengono attribuiti diversi miracoli,
il più noto dei quali è certamente l’aver salvato con una benedizione un
bambino che stava soffocando dopo aver inghiottito una spina di pesce.
Secondo la leggenda il miracolo avvenne proprio mentre il santo, già
condannato, veniva condotto al martirio.
Non sappiamo se la sua fama di curatore o questo miracolo valsero a San
Biagio il titolo di “protettore della gola”, ma ogni anno, il 3 febbraio,
data della sua morte, i fedeli si rivolgono a S. Biagio nella sua qualità
di medico, per la guarigione dalle malattie della gola. Durante la sua
celebrazione liturgica, in molte chiese i sacerdoti benedicono le gole dei
fedeli accostando ad esse due candele.
San Biagio fa parte dei quattordici cosiddetti santi ausiliatori, ossia,
quei santi invocati per la guarigione di mali particolari. È invocato
contro le malattie della gola.
Patronato: malattie della gola (otorinolaringoiatri). pastori,
agricoltori, cardatori della lana.
Emblema: pettine per la lana.
S. BONAVENTURA DA
BAGNOREGIO (Giovanni Fidanza), detto Doctor Seraphicus.
Filosofo e teologo Cardinale e vescovo di
Albano.
Bagnoregio (Viterbo), 1218 - Lione (Francia),
1274.
Ricorrenza 15 luglio
Proclamato Dottore della Chiesa da papa Sisto V nel
1588.
Nacque a Bagnoregio nel 1217 e morto nel
1274 a Lione.
Il suo nome di Battesimo era Giovanni, solo
quando entrò nell' Ordine Minoritico prese il nome di Bonaventura.Da Bambino fu guarito da San Francesco, che avrebbe
esclamato: «Oh bona ventura» e gli rimase per nome.
La prima formazione culturale, la ricevette nel suo
paese, a 18 anni si recò a Parigi ,dove studiò alla Facoltà delle Arti;durante il suo soggiorno in Francia, entrò
nell'Ordine dei Frati Minori. Per 17 anni (dal 1257)
fu ministro generale dell'Ordine francescano, del
quale è ritenuto uno dei padri: quasi un secondo
fondatore dell'Ordine. Sotto la sua guida furono
pubblicate le Costituzioni narbonesi, su cui si
basarono tutte le successive costituzioni
dell'Ordine.insegnò teologia all'università di Parigi
e formò intorno a sé una reputatissima scuola.
Partecipò al II° Concilio Ecumenico di Lione che,
grazie anche al suo contributo, segnò un
riavvicinamento fra Chiesa latina e Chiesa greca.
Patronato:fattorini.
Emblema: Bastone pastorale, cappello da
cardinale
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S. CARLO DA SEZZE
(Giancarlo Marchionne)
Religioso laico dell'Ordine dei Frati Minori Riformati.
Sezze, Latina, 19 ottobre 1613 - Roma, 6 gennaio 1670
Nel 1959 è stato dichiarato santo da papa Giovanni XXIII.
Ricorrenza: 6 gennaio giorno della sua morte.
Nato da genitori contadini, dopo un'istruzione di base, sicuramente
elementare, Giancarlo si rifiutò di proseguire gli studi a causa di un non
meglio specificato incidente con il maestro e allora venne avviato dai
genitori al lavoro dei campi, come e pastore.
A 17 anni fece voto di castità in onore della Vergine e nel 1636 chiese ed
ottenne di entrare nella provincia romana dei Frati minori riformati.
Fu addetto, ai lavori consueti del suo stato (era religioso laico) alla
cucina, al refettorio, alla portineria, al giardino, come questuante e
sacrestano. Nel 1637 emise la professione religiosa con il nome di Fra.
Carlo da Sezze.
Indossato finalmente, come desiderava, l’abito francescano, si dedicò
all’adorazione del Santissimo Sacramento.
Carlo si distinse per una dote, pur avendo a malapena concluso gli studi
elementari, in un'insospettabile attività letteraria, ebbe doni di scienza
straordinari e questo gli permise di realizzare numerosi testi di opere
ascetico-letterarie che vanno dall’autobiografia alla teologia mistica: i
Pontefici Alessandro VII e Clemente IX lo scelsero come consigliere.
IL MIRACOLO
Ricevette le stigmate nel 1648 nella chiesa di San Giuseppe a Capo le
Case, a Roma. Secondo il suo racconto, ascoltando la Santa Messa, al
momento dell'elevazione, vide scaturire un raggio dall'ostia, che lo colpì
nel cuore, procurandogli un grandissimo dolore. Successivamente si trovò
una piaga sul petto a forma di croce, fu uno stigma che ebbe con sé per
tutta la vita.
LA COMMISSIONE MEDICA
Alla sua morte, venne ordinata l'autopsia del petto e si scoprì una piaga
che attraversava il cuore e altri segni, riconosciuti di origine
soprannaturale e dichiarati miracolosi da tredici medici, di cui sette
incaricati dalla Congregazione dei Riti.
Nel 2004 il cardinale José Saraiva Martins, allora prefetto della
Congregazione per le Cause dei Santi, ricordò come Carlo da Sezze sia
l'unico santo nella storia della Chiesa ad aver ricevuto questo segno
dell'amore di Dio direttamente dall'Eucaristia.
Le sue spoglie sono conservate nella chiesa di S. Francesco a Ripa,
quartiere Trastevere a Roma. dove morì.
Patrono di Sezze e della diocesi di Latina-Terracina.
S. CATERINA DE' RICCI
(Sandrina)
Vergine del Terz’Ordine regolare di San Domenico.
Firenze 1522 – Prato 1590.
Ricorrenza: 2 febbraio giorno della morte. Viene festeggiata il 4, poiché
il 2 è la ricorrenza della Presentazione al tempio di Gesù.
Fatta Santa da papa Benedetto XIV, nel 1746.
Le sue spoglie si trovano ancora oggi in una teca nella basilica di San
Vincenzo Ferreri a Prato, meta di un continuo pellegrinaggio di fedeli. La
storia registra anche la visita di tre Pontefici: Pio VII, Pio IX e
Giovanni Paolo II, nel 1986.
Rimasta orfana di madre a cinque anni, fin dall'infanzia si sentiva spinta
da impulsi interiori alla meditazione della Passione di Cristo, in cui si
incentrerà tutta la sua futura vita spirituale. Desiderando abbracciare la
vita religiosa, con l'aiuto della matrigna, visitò diversi monasteri,
scegliendo il monastero domenicano di S. Vincenzo di Prato. La decisione
trovò l'opposizione del padre che diede il consenso solo quando la giovane
si ammalò gravemente e fu sul punto di morire, ma guarita miracolosamente.
Appena ebbe il consenso, nel 1535, allora dodicenne, entrò nel monastero
di S. Vincenzo, aiutata dallo zio, p. Timoteo Ricci.
Nell'ambiente del monastero fu dapprima circondata dalla diffidenza, che
non comprendevano i suoi atteggiamenti estatici e le sue grazie
straordinarie; ritenuta affetta da squilibrio psichico e fu quasi per
essere dimessa alla vigilia della professione religiosa. Nel 1536 emise i
voti cambiando il suo nome di Alessandra Lucrezia Romola in quello di
Caterina. Caterina, prima vista con sospetto seppe guadagnarsi a poco a
poco l'ammirazione e il rispetto delle consorelle e più tardi divenne
anche priora per ben sette bienni del suo monastero, durante i quali la
comunità fiorì materialmente. In lei si alternavano fasi di malattie
straordinarie e straordinarie guarigioni. I tormenti fisici e morali
furono la preparazione a prove ben più straordinarie, che noi conosciamo
in parte, attraverso le rivelazioni fatte da Caterina alla maestra di
noviziato, suor Maddalena Strozzi, per imposizione dello zio, p. Timoteo.
Il fulcro della sua spiritualità è stata la meditazione della Passione
e durante la vita conobbe varie estasi mistiche.
Il primo giovedì di febbraio del 1542, Caterina ebbe la prima estasi della
Passione, fenomeno mistico che si ripeté settimanalmente per dodici anni:
dal mezzogiorno dei giovedì alle ore 16 del venerdì, riviveva momento per
momento le diverse fasi del Calvario nella più intima comunione spirituale
con la Vergine, e per l'intero corso della settimana portava impressi
nella carne i segni di un'atroce sofferenza.
durante questi eventi, i presenti potevano scorgere sul suo corpo i segni
della flagellazione e della crocifissione, fatto questo che richiamava a
Prato numerosi visitatori e devoti.
La notizia del fenomeno procurò l'intervento delle autorità, tra cui il
generale delI'Ordine, Alberto Las Casas e papa Paolo III inviò un
cardinale per un esame, il cui esito fu positivo. Il 9 aprile 1542 fu
concesso a Caterina l'anello del mistico sposalizio. Il 14 dello stesso
mese durante l'estasi di ventotto ore, sentì le mani e i piedi trapassati
da invisibili chiodi e una lama trafiggerle il cuore, lasciandone i segni
impressi nella carne: le Stimmate delle cinque Piaghe. Secondo i racconti,
le cinque ferite erano luminose, e rimasero visibili sul suo corpo, non
corrotto dal tempo; Nella vigilia del Natale 1542, le fu promessa la
corona di spine, che si posò sul suo capo a breve distanza di tempo.
Il 24 agosto, mentre nella cella pregava rivolta al Crocifisso appeso alla
parete, vide Gesù staccare le braccia dal legno e protendersi verso di lei
che prontamente lo sostenne abbracciandolo. Questo abbraccio fu veduto
anche da Sr. Maddalena e da altre persone. Infine, un altro segno fu visto
soltanto dopo la sua morte: un solco livido che scendeva dalla spalla
destra a metà del dorso, testimone della pesantezza della croce portata
ogni settimana per molti anni.
Arricchita di doni spirituali, Caterina iniziò allora una silenziosa e
feconda azione apostolica di cui rimane il ricchissimo epistolario. Si
formò intorno a lei un gruppo di discepoli, che ricorreranno a lei per
preghiere e consigli. Intrecciò relazioni epistolari con S. Filippo Neri,
S. Carlo Borromeo e S. Maria Maddalena De' Pazzi, fu in corrispondenza con
papa S. Pio V, collaborando alla Controriforma cattolica.
Compatrona della diocesi di Prato
Emblema: Giglio
S. CATERINA DA SIENA (Caterina Benincasa),
vergine.
Siena 1347- Roma 1380
Ricorrenza: 29 aprile
Proclamata Dottore della Chiesa da Paolo VI nel 1970.
Caterina non andò mai a scuola, non ha maestri. Rifiutò di sposarsi e a soli
dodici anni, la visione di Cristo in abiti pontificali le indicò la
vocazione. Superati i contrasti famigliari, divenne terziaria domenicana.
Presto la sua santità attirò un gruppo di persone e la sua stanzetta
"cella" si fa cenacolo di artisti, dotti, religiosi, nobili e plebei,
tutti più istruiti di lei. Lei imparò a leggere e a scrivere, ma la
maggior parte dei suoi messaggi fu dettata e con essi parlò a papi e
re. Si dedicò all'assistenza di malati, lebbrosi, appestati e lavorò molto
fra i poveri della sua città. Svolse anche un importante ruolo "politico",
convincendo papa Gregorio XI a ritornare a Roma,
dopo la
“cattività avignonese”; dopo la morte di
Gregorio XI, tentò con tutte le sue forze di risanare il grande scisma della
Chiesa di Occidente.
Dedita alla pacificazione degli animi, favorì la riforma dell'Ordine
Domenicano. Sottoponendosi a dure penitenze, ebbe visioni ed estasi e
ricevette le stimmate,
che portò
nascoste (visibili solo da lei), soffrendo interiormente per le ferite di
Cristo. Dopo la sua morte le stigmate si rivelarono, perché tutti
potessero vederle.
Patrona
d'Italia e di Roma, compatrona d'Europa e degli infermieri.
Emblema: abito bianco domenicano e mantello nero, giglio e
crocifisso.
S. CHIARA D'ASSISI,
vergine e fondatrice.
Assisi 1193-
Assisi 1253
Ricorrenza: 11 agosto
Conquistata dall'esempio di Francesco
d’Assisi, la giovane Chiara fuggì da casa per raggiungerlo
alla Porziuncola. Fu fondatrice delle suore Clarisse, cioè del ramo
femminile francescano, che predica la povertà assoluta.
la nuova famiglia religiosa fu stabilita da San Francesco presso la
chiesa di San Damiano. Chiara divenne badessa delle
povere dame recluse di "San Damiamo", di cui compose la regola,
ottenendo da Gregorio IX
il “privilegio della povertà”.
Erede dello spirito
francescano, Chiara si preoccupò di diffonderlo, distinguendosi per il
culto verso il Santissimo Sacramento.
Nel suo
monastero abbondavano preghiere e prodigi, e quando truppe saracene
mercenarie assaltarono Assisi nel 1243, le fermò dalla porta del monastero
col solo mostrare l'eucaristia in una teca.
Si invoca
per guarire
dalle malattie degli occhi.
Patrona
della televisione, delle
lavandaie, dei vetrai, delle stiratrici e delle ricamatrici.
Attributi: saio francescano,l'ostensorio, giglio, il libro, la
croce, una lanterna.
S. CIRILLO D’ALESSANDRIA,
vescovo e scrittore.
Teodosia d'Egitto, 370 – Alessandria d'Egitto, 444.
Ricorrenza: 27 giugno.
Proclamato Dottore della Chiesa da Leone XIII nel 1882.
Vescovo e patriarca di Alessandria d’Egitto tra il 385 e il 412, fu
protagonista assoluto nella Chiesa della prima metà del V sec. Fronteggiò
gli avversari della Cristianesimo con la stessa determinazione con cui
combatté le derive teologiche dentro la Chiesa stessa.
Come teologo, fu coinvolto nelle dispute cristologiche della sua epoca,
divenne punto di riferimento nelle dispute teologiche che precedettero e
seguirono il III° Concilio Ecumenico, celebrato a Efeso dove sostenne i
dogmi dell’unità e unicità della persona in Cristo e della divina
maternità della Vergine Maria. In quel Concilio, il Santo dimostrò la tesi
che la Madonna era la Madre di Dio e convinse i Padri conciliari, della
Santità della Madonna come Madre di Dio. Sviluppò una teoria
dell'Incarnazione, che gli valse il titolo di “doctor Incarnationis”, che
è considerata ancora valida dai teologi cristiani contemporanei. I suoi
scritti dopo circa 1600 anni conservano intatta la loro attualità e sono
oggetto di studio nelle Università e nei seminari di tutto il mondo
cattolico e ortodosso.
Emblema: bastone pastorale
S. CIRILLO DI
GERUSALEMME,
teologo e vescovo di Gerusalemme nel 347.
Gerusalemme, 313 o 315 –Gerusalemme, 386/387.
Ricorrenza: 18 marzo (in occidente anche il 20 marzo)
Proclamato Dottore della Chiesa da papa Leone XIII nel 1883.
Cirillo nacque verso il 315 probabilmente a
Gerusalemme. Il suo
episcopato fu segnato dalla grave crisi che coinvolse la Chiesa del IV
sec.; esperto conoscitore della Parola di Dio, compose opere molto
importanti che testimoniano uno stile di vita sobrio e pacifico e
un’attenzione molto viva per la pastorale dei catecumeni.
San Cirillo, esiliato ben tre volte, dopo avere sofferto molti oltraggi
dagli ariani a causa della fede ed essere stato più volte scacciato dalla
sua sede, spiegò mirabilmente ai fedeli la retta dottrina, le Scritture e
i sacri misteri con omelie e catechesi.
Nel 381 partecipa al grande concilio di Costantinopoli, dove venne
definitivamente decisa l’adozione del Credo, che rese definitiva la verità
di fede relativa al Cristo come simile nella sostanza al Padre.
Emblema: Bastone pastorale.
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S. DANIELE COMBONI, vescovo e missionario.
Nato a Limone sul Garda (Bs) nel1831. Morto a Karthum (Sudan) nel 1881. Le
sue ossa furono disperse.
Ricorrenza: 10 ottobre
Canonizzato da Giovanni Paolo nel 2003.
Daniele nacque da genitori profondamente cristiani. Dopo le elementari
fatte privatamente sotto la guida di esperti sacerdoti, all’età di undici
anni frequenta come esterno i corsi di ginnasio nel seminario vescovile di
Verona, poi entra nell’istituto di don Nicola Mazza, che accoglie giovani
di famiglie povere, ma desiderosi di istruirsi. Daniele rivela presto una
solida vocazione e nel gennaio 1849, giura davanti al superiore di
consacrare la sua vita all’apostolato dell’Africa Centrale.
Il momento è favorevole all’espansione missionaria della Chiesa, una volta
esauritasi la bufera bellica. Nel 1800 le terre africane sono percorse da
esploratori e accanto a questi vi erano spesso, missionari che volevano
portare l'annuncio di Cristo alle popolazioni indigene.
Ordinato sacerdote nel 1854, tre anni dopo sbarca in Africa. Il primo
viaggio missionario finisce presto con un fallimento: l'inesperienza,
l'ostilità dei mercanti di schiavi costringono Daniele a tornare a Roma.
Daniele no si arrende, progetta un piano di evangelizzazione dell'Africa e
fonda diversi istituti maschili e femminili, oggi chiamati
Comboniani. Di
nuovo in Africa nel 1868, può dare avvio al suo piano. Con i sacerdoti e
le suore che l'hanno seguito, si dedica all'educazione della gente di
colore e lotta instancabilmente contro la tratta degli schiavi. Scrive
numerose opere di animazione missionaria e fonda la rivista Nigrizia che è
attiva ancora oggi. Nella città di Khartum in Sudan, Daniele fondò
l’Istituto per le Missioni Africane e, nominato vescovo in Africa, si
prodigò, nel predicare il Vangelo in quelle regioni e nel prendersi cura
della dignità degli esseri umani.
Nel giorno della canonizzazione, Giovanni Paolo II lo definì un “insigne
evangelizzatore e protettore del Continente Nero”.
"Precursore, evangelizzatore, profeta, pioniere, gigante missionario,
promotore, liberatore, sacerdote e vescovo dal cuore magnanimo che sa
perdonare, e specialmente amico dell’Africa, per la quale non esita a
sacrificare tutto". In queste poche righe del cardinale Francis Arinze,
Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei
sacramenti, c’è un ritratto fedelissimo di san Daniele.
Comboni è stato uno dei più grandi missionari di ogni tempo, al quale
l’Africa deve molto.
Se il
cristianesimo in Africa ha oggi un futuro di speranza, lo si deve alla sua
opera.
Emblema: Bastone pastorale
S. DOMENICO SAVIO,
adolescente. Laico.
San Giovanni di Riva-Chieri, (TO) 1842-Mondonio, Asti 1857.
Ricorrenza: 9 marzo, il 6 maggio per la Famiglia Salesiana e le diocesi
del Piemonte.
Proclamato santo nel 1954 da papa Pio XII.
Domenico nasce da una famiglia, molto numerosa secondo dei dieci figli.
Fin da piccolo aveva molto chiara la sua chiamata a seguire Gesù e
percorse speditamente la via della cristiana perfezione.
A sette anni ricevette la Prima Comunione, per la quale scrisse alcune
righe dove riassumeva il suo progetto di vita: vivere da vero cristiano.
A dodici anni Domenico, incontrò don Bosco e dopo un breve dialogo,
mostrata l'intenzione di diventare sacerdote se avesse avuto la
possibilità di studiare, don Bosco decise di farne un suo allievo
nell'oratorio di Torino. Ascoltando una predica di don Bosco, decide di
divenire santo e gli chiede: “Mi aiuti a farmi Santo?”.
Proprio sull'esempio di don Bosco desiderava dedicarsi all'insegnamento e
all'educazione dei giovani. Don Bosco è la sua guida in tutto, ma qualche
volta è Domenico che guida Don Bosco in opere straordinarie di bene.
Da questo momento, infatti la sua esistenza fu piena d’amore e carità
verso il prossimo dando buon esempio. Si
distinse per l'assiduità ai sacramenti, della Penitenza e dell'Eucaristia.
L'8 dicembre 1854, la proclamazione del dogma dell'Immacolata, da parte di
Papa Pio IX, spinse Domenico, già devotissimo a Maria, a consacrarsi alla
Madre Celeste. Nel 1856 fondò, tra gli amici, la "Compagnia
dell'Immacolata" per un'azione apostolica di gruppo.
Poco dopo, a causa della sua salute cagionevole, fu costretto a lasciare
il collegio di Torino, dove studiava, e morì di tubercolosi a soli 15 anni,
lasciando un valido e bel ricordo della sua persona ai giovani cristiani e
un trascinatore di altri ragazzi a Gesù.
Don Bosco è talmente convinto della sua
santità che decide di pubblicarne subito la vita, per essere additato come
modello ai giovani. La sua fama dilaga veloce in tutta la chiesa e i
miracoli ne confermano la santità.
E' sepolto nella Basilica di Maria
Ausiliatrice.
Patronato: Chierichetti, Gestanti e dei
cori di voci bianche.
S. DOROTEA
martire. Laica.
Originaria di Cesarea di Cappadocia, nell’odierna Turchia, vissuta e morta
nel IV secolo
Ricorrenza: 6 febbraio
I due martiri Dorotea e Teofilo sono ricordati in una ‘passio’ molto
antica, ma anche leggendaria e commemorati dal Martirologio Geronimiano.
Dorotea, si distingueva per la sua carità, purezza e sapienza, la fama
delle sue virtù arrivò fino al preside Sapricio, che la fece chiamare e la
invitò a sacrificare agli dei, ma Dorotea essendo cristiana si rifiutò,
pertanto venne torturata.
Sapricio, cocciuto e deciso ad ottenere il suo scopo, l’affidò a due
sorelle apostate, con l’incarico di fare apostatare anche lei. Ma avvenne
il contrario, sarà Dorotea che persuaderà le due sorelle a ritornare al
cristianesimo; irritato Sapricio condannò le due sorelle ad essere
bruciate vive e Dorotea alla decapitazione.
Durante il percorso al luogo del martirio, Dorotea incontrò un tal
Teofilo, che prendendola in giro dice: “Sposa di Cristo, mandami delle
mele e delle rose dal giardino del tuo sposo”,
Dorotea accettò e, prima della decapitazione, durante una preghiera, un
bambino le portò tre rose e tre mele e lei disse di portarle a Teofilo, il
quale, visto il prodigio, era il mese di febbraio e le rose certamente non
fiorivano, per opera della Grazia di Dio, improvvisamente credette e
quindi affermò che il Dio dei cristiani è vero ed unico e si convertì al
Cristianesimo ; fu anch'egli denunciato a Sapricio, che lo fece torturare
e decapitare. Per questo la Chiesa lo onora come santo assieme a S.
Dorotea.
Il culto per s. Dorotea fu molto diffuso nel Medioevo. Tanti celebri
artisti a partire dal XIV secolo, hanno creato pitture e sculture, sparse
in tutta Europa, che la raffigurano quasi tutte con l’episodio delle mele
e delle rose.
Patrona dei fioristi
Emblema: cesto di fiori e frutta.
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S. EFREM IL SIRO,
diacono, teologo e
scrittore.
Nato a
Nisibi, attuale Nizip in Turchia nel 306 – morì a Edessa,
(attualmente Turchia), nel 373.
Ricorrenza: 9 giugno
Proclamato dottore della chiesa da papa Benedetto XV nel 1920.
Dei primi anni della sua vita si conoscono racconti molto diversi tra
loro: certo, invece, il sacramento del battesimo ricevuto verso i 18 anni.
Strinse una profonda e spirituale amicizia con il vescovo della città,
Giacomo, con il quale contribuì a costruire e a guidare una scuola di
teologia. Ordinato diacono dal vescovo Giacomo, visse e operò a Insidi,
città natale, fino alla conquista persiana, quando la sua città fu ceduta
ai Persiani nel 363.
Efrem, esercitò il ministero della predicazione e dell’insegnamento della
sacra dottrina, poi, esiliato, si rifugiò a Edessa, dove pose le
fondamenta di una scuola teologica. Esercitò il suo ministero con la
parola e con gli scritti e rifulse a tal punto per austerità di vita e
dottrina da meritare per l’eleganza degli inni da lui composti
l’appellativo di “arpa [cetra] dello Spirito Santo.
Fu autore prolifico di inni, poesie, omelie in versi e commentari biblici
in prosa. Le sue opere non rimasero confinate negli scaffali della
biblioteca della scuola di teologia di Nisibi: divennero liturgia esse
stesse.
Efrem si distinse sempre per il servizio che rese alla Chiesa e non solo
in campo liturgico e teologico; negli ultimi anni della sua vita organizzò
gli aiuti umanitari resi indispensabili dalla grave carestia che aveva
colpito la zona di Edessa.
S. ELENA, imperatrice,
madre di Costantino. Laica.
Drepamim (Mar nero) 248 circa – …… 330 circa
Ricorrenza: 18 agosto
Di famiglia plebea, Elena fu ripudiata dal marito, il tribuno Costanzo
Cloro, per ordine di Diocleziano. Suo figlio Costantino, divenuto
imperatore, la volle accanto a sé tributandole tutti gli onori e il
titolo di «Augusta». Elena ebbe un ruolo fondamentale nella conversione
del figlio, che concesse ai cristiani la libertà di culto.
Visse nella preghiera e diede prova di grande pietà e carità: non abusò
dei suoi privilegi, ma se ne servì per beneficiare generosamente
persone di ogni ceto e addirittura intere città. Con la sua
intercessione salvò numerosi condannati al carcere, ai lavori forzati o
all’esilio. Testimoniò la sua fede compiendo opere di bene e costruendo
celebri basiliche sui luoghi santi. Ritrovò la tomba di Cristo, la
croce del Signore e tre dei suoi chiodi nel 326.
Morì ottantenne assistita dall’imperatore Costantino, in un luogo non
identificato e fu da subito considerata santa.
Si invoca quando si cercano oggetti smarriti.
Patronati dei fabbricanti di chiodi, aghi e archeologi.
Raffigurata con croce e chiodi in mano.
S. ERCOLANO,
vescovo di Brescia.
Sarebbe morto a Campione del Garda nel 576 in odore di santità.
Ricorrenza:12 agosto
Le sue reliquie, ritrovate nell’antica pieve di Maderno nel 1282, furono
esposte l'anno successivo alla pubblica venerazione. Oggi sono venerate
nella nuova chiesa parrocchiale di Maderno (dal 1825).
Patrono di Maderno (BS) e della riviera del Garda
È difficile, tracciare un quadro storico del Santo, una cosa è certa: nel
VI° sec. (dal 552-579) fu Vescovo di Brescia.
Poche le notizie certe: si legge, dall'epigrafe nella chiesa in Maderno
sul Garda: Ercolano nacque in Germania nel secolo VI° da due nobili e
facoltosi genitori, che da tempo chiedevano a Dio con preghiere, digiuni
ed elemosine, un figlio che fosse loro grato ed utile al prossimo. ..….
egli cresceva negli anni, nel senno, nella pietà e soprattutto nell'amore
per i poveri. Giunto a 15 anni, Ercolano meditava come abbandonare le
ricchezze e le delizie del mondo per dedicarsi solamente a Cristo.
Una tradizione ormai consolidata racconta che Ercolano si trasferì da
Brescia a Campione sul Garda, pare non soltanto per una vocazione
eremitica; nel VI° Sec., l'Italia fu invasa dai Goti e dai Longobardi,
popoli barbari ed eretici, e probabilmente dovette trasferirsi in vita
solitaria a Campione sul Garda a causa di persecuzioni, come accadde
contemporaneamente ai vescovi di Milano e di Aquileia. Nel calendario dei
Santi, compilato a Trento nel 1022, leggiamo quanto segue: “12 agosto,
anniversario di S. Ercolano confessore (della fede) e vescovo che è
sepolto a Maderno”. Da questa fonte possiamo stabilire che le reliquie
erano in Maderno già nel 1022: quindi è probabile che la prima traslazione
delle reliquie, da Campione a Maderno, sia avvenuta tra il 958 e il 1022.
Durante il suo soggiorno a Campione, ed anche nei secoli successivi, fu
molto amato dai rivieraschi e molte sono le leggende: Ercolano passò
diverso tempo nella grotta sovrastante il lago, dove stava in
contemplazione e preghiera, tra mortificazioni, digiuni e attività di
sostegno alla popolazione. Quando infatti questi ultimi gli portavano in
offerta dei pesci, li distribuiva tra la gente, che pativa gli stenti. Si
narra che egli compisse miracoli e prodigi, che gli valsero la venerazione
e l’amore dei gardesani: come aver restituito la vita a due morti, l’aver
visto Cristo con gli Apostoli sotto forma di poveri e, mentre portava loro
in dono dei pani, questi furono cambiati in pietre preziose. Alla sua voce
ubbidivano gli uccelli, i pesci e gli animali terrestri (parlava con gli
animali come San Francesco).
Emblema: Bastone pastorale
F------------------------------------------
Santi FAUSTINO e
GIOVITA, martiri.
Morti tra il 120 e il 134 al tempo di Adriano.
Ricorrenza:: 15 febbraio.
Patroni della diocesi di Brescia
Secondo la «Legenda Maior», erano entrambi figli di una nobile famiglia
pagana di Brescia. Intrapresero presto la carriera militare e divennero
cavalieri, inseriti in una posizione di rango nella provincia dell'antico
Impero Romano. Attratti dal cristianesimo, furono convertiti, in seguito
ad una lunga frequentazione col vescovo S. Apollonio, ottenendo il
battesimo, che li accolse nella comunità dei primi cristiani bresciani. Si
impegnarono a fondo all'evangelizzazione delle terre bresciane e per il
loro zelo, il vescovo Apollonio nomina Faustino presbitero e Giovita
diacono.
L'efficacia della loro predicazione sollevò l'avversità dei pagani, tra
cui molti potenti della città, che temevano la diffusione del
Cristianesimo, tanto più se promossa negli ambienti di elevata posizione
civile e militare, e invitano il governatore ad eliminare i due, col
pretesto del mantenimento dell'ordine pubblico e nemici della religione
pagana. Diversi eventi miracolosi li risparmiano dalla morte e spingono
numerosi pagani - tra cui anche la moglie di Italico, Afra, a convertirsi.
Portati a Milano, Roma e Napoli furono quindi condannati a morte e
riportati a Brescia dove il 15 febbraio (tra il 120 e il 134) furono
decapitati, poco fuori di Porta Matolfa. precisamente all’altezza
dell’attuale Via F. Crispi.
Faustino e Giovita furono sepolti nel vicino cimitero cristiano di S.
Latino dove il vescovo S. Faustino (un altro santo col nome Faustino)
costruirà la chiesa di S.Faustino ad Sanguinem, chiamata poi sant'Afra e
oggi sant'Angela Merici. Le maggiori reliquie sono conservate nella chiesa
madre di Pietradefusi (Avellino), città di cui è pure protettore.
Il loro culto si diffuse verso l'VIII° secolo, prima a Brescia e poi per
mezzo dei longobardi in tutta la penisola ed in particolare a Viterbo.
Il loro patronato su Brescia fu confermato in seguito ad un evento
straordinario di una visione dei due santi che combattevano al fianco dei
bresciani contro i milanesi, nello scontro decisivo che fece togliere
l'assedio alla città, il 13 dicembre 1438.
Alcune loro reliquie sono venerate nella chiesa omonima a Brescia.
Emblema: raffigurati spesso in veste militare romana con la spada in un
pugno e la palma del martirio nell'altra, in altre raffigurazioni sono in
vesti religiose.
Secondo la leggenda durante la traslazione dal cimitero della chiesa di S.
Faustino ad Sanguinem alla chiesa di S. Faustino Maggiore, i corpi dei
santi avrebbero sostato temporaneamente nel luogo ove oggi sorge la chiesa
di S. Faustino in Riposo o chiesa di Santa Rita e avrebbero trasudato
sangue, convincendo l'incredulo duca Namo di Baviera alla conversione.
S. FILASTRIO, vescovo di Brescia (IV° secolo) Padre della Chiesa.
Nacque intorno al 330 ma non si sa dove, c'è chi ipotizza che fosse
italiano, spagnolo o egiziano.
Deceduto a Brescia il 18 luglio, ma non si conosce la data. Alcuni calcoli
incrociati con i dati di S. Ambrogio e S. Gaudenzio, fanno supporre che
sia morto attorno all’anno 387.
Ricorrenza:
18 luglio
Le reliquie sono venerate nella cripta del duomo vecchio di Brescia.
S. Filastrio lasciò la sua terra e la famiglia dopo essere stato
consacrato sacerdote all’età di 30 anni e prese a predicare un po’
dovunque la parola di Dio.
Si sa che visse per un certo tempo a Milano prima che S. Ambrogio
(340-397) diventasse vescovo e si oppose con decisione al vescovo ariano
Aussenzio I° (355-374), poi si spostò a Roma dove con le sue
argomentazioni convertì molti alla fede cattolica. Predicò contro gli
ariani in Lombardia e a Roma, entrando in rapporti con sant'Ambrogio e
sant'Agostino, che lo cita nelle sue opere contro gli eretici, ed afferma
di averlo visto fra il 384 e 387, varie volte, ospite di S. Ambrogio a
Milano.
Diventò vescovo all’età di 50 anni, non si sa di preciso l’anno, ma nel
381 era già vescovo di Brescia, perché partecipò al Concilio di Aquileia.
La vita e morte furono lodate da san Gaudenzio, suo successore, è questa
la maggiore, se non l’unica, fonte che parla della sua vita. Nell’omelia
di S. Gaudenzio citata sopra, è detto che S. Filastrio aveva uno spirito
ardente, dolcezza e estrema moderazione, molta scienza, costumi santi, una
sublime umiltà, rivolto alle cose celesti non dava valore alle cariche
terrene. Il servizio del Signore lo occupava continuamente, non si adirava
ma sempre pronto a comprendere e giustificare. Amava i più piccoli e gli
umili, con tutti era amabile e riconoscente.
Risulta che San Filastrio abbia composto, un catalogo di 136 eresie.
S. FRANCESCO D'ASSISI, fondatore dei frati minori.
Assisi, 1181/2 - Assisi 1226.
Ricorrenza: 4 ottobre
S.
Francesco (si chiamava Giovanni) nacque ad Assisi nel 1182, era figlio di un mercante,da giovane
aspirava ad entrare nella cerchia dei nobili cittadini. Per questo
motivo ricercò la gloria nelle imprese militari.
Dopo
una spensierata gioventù, si convertì ad una vita evangelica per servire
Gesù Cristo, che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei
diseredati. Si diede quindi a una vita di penitenza e solitudine in totale
povertà; indossava
una veste ruvida a forma di croce, cinta da una corda, con un cappuccio da
contadino e predicava al popolo.
Suscitò
numerosissimi seguaci
che unì a sé
in una comunità;
Papa Innocenzo III ne approvò la regola con il nome di "Frati
Minori".
Nei
suoi viaggi itineranti Francesco predicò l’amore di Dio,
fino anche in Terra Santa, cercando nelle sue parole, come nelle azioni,
la perfetta sequela di Cristo, tanto che volle morire giacendo sulla nuda
terra.
Nel 1205 un crocifisso nella chiesa di San Damiano in Assisi lo
esortò a riparare la sua chiesa in rovina. Nel 1223 rievocò la nascita di Cristo nella
grotta di Greccio, inventanto il presepe e nel 1224 ricevette le stimmate.
Fu canonizzato da Papa Gregorio IX il 16
luglio 1228, fu proclamato Patrono d'Italia unitamente a Santa Caterina
da Siena.
Patronato:
Italia, scout, ecologisti, animali, uccelli, commercianti e
floricoltori.
Attributi: veste dei frati minori, crocifisso, stimmate.
S. FRANCESCO DI
SALES, vescovo di Ginevra.
Thorens (Savoia) 1567 - Lione (Francia) 1622.
Ricorrenza: 24 gennaio
Proclamata dottore della chiesa nel 1877 da papa Pio IX.
Francesco di Sales si formò alla cultura classica e filosofica alla scuola
dei Gesuiti, Ordinato sacerdote, nel 1593, si dedicò completamente
all’apostolato cattolico nei paesi protestanti. Vero pastore d’anime, con
la sua saggezza pastorale e la sua dolcezza ricondusse alla comunione
cattolica moltissimi fratelli da essa separati.
Fu uno dei grandi maestri di spiritualità degli ultimi secoli.
Prediligendo il metodo del dialogo: inventò i cosiddetti «manifesti», sue
sono più di 30 mila lettere utilizzate per incontrare i molti che non
avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, affiggendoli ai muri
di città e paesi e mettendoli sotto gli usci delle case. “manifesti”,
composti in agile stile di grande efficacia.
Predicatore instancabile, scrisse moltissimo, sfruttò il suo talento di
scrittore, per diffondere il più possibile gli insegnamenti del Vangelo e
spiegare le meraviglie della dottrina e della spiritualità cattolica. Due
sue opere, veri e propri capolavori di spiritualità, sono ritenuti scritti
essenziali della letteratura religiosa e hanno formato generazioni di
santi e di ferventi cristiani.
Dall’incontro con la signora di Charmoisy trarrà spunto per scrivere uno
dei libri più letti nell’età moderna l’introduzione alla vita devota
”Filotea”. Scrisse altre opere ascetico-mistiche, dove propone una via di
santità accessibile a tutte le condizioni sociali, fondata interamente
sull’amore di Dio.
Disse di lui san Vincenzo de’ Paoli: “coloro che l’ascoltavano
pendevano dalle sue labbra”.
Fondò, insieme a Santa Giovanna Fremyot de Chantal, l’Ordine della
Visitazione.
Patronati: degli scrittori e dei giornalisti.
Emblema: bastone pastorale.
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G------------------------------------------
S. GELTRUDE (Caterina Comensoli),
vergine.
Caterina nata a Bienno (Val Camonica) nel 1847 mori nel 1903 a 56 anni a
Bergamo.
Ricorrenza:
18 febbraio
Proclamata santa nel 2009 da papa Benedetto XVI.
Il suo corpo è venerato nella chiesa della
Casa Generalizia delle Suore Sacramentine a Bergamo.
Caterina cresce in una famiglia con dieci fratelli e sorelle, vive
un’infanzia serena e riceve la prima Comunione precocemente a sei anni.
Di famiglia povera, molto religiosa e credente Caterina, è assidua e
vivace nella catechesi e nell’oratorio parrocchiale. In questa atmosfera
di fede resta colpita dal racconto della Presenza di Gesù nell’Eucaristia,
approfondisce questo mistero con l’aiuto di validi confessori, tanto da
desiderare fortemente di fondare un Istituto che abbia come primo
intendimento quello di adorare questo insondabile mistero.
Caterina nel 1866 entra nella Compagnia di Sant'Angela Merici e diventa
maestra del gruppo di novizie della Compagnia di Bienno.
Ammalatosi il padre nel 1869, per portare aiuto alla famiglia lascia, la
Compagnia di Sant'Angela Merici a Bienno e inizia a lavorare come
domestica e dama di compagnia.
Fattasi ormai donna saggia, portata a una spiritualità profonda ed a una
crescente attenzione alle necessità educative delle “giovinette”, ai
poveri e ai malati, matura sempre più in lei l’idea di fondare un Istituto
dedito all’Adorazione e all’Educazione dei piccoli e dei giovani, cosa
che si concretizza con l’incontro a Bergamo del sacerdote don Francesco
Spinelli. Dal 1879 al 1882 il progetto, si precisa che, dopo essere stato
sottoposto al vescovo di Bergamo, nel 1882 nasce l’Istituto delle Suore
Adoratrici del Santissimo Sacramento (da cui ebbe origine anche quello
delle Suore Sacramentine) e la fondatrice sceglie per sé il nome di
Geltrude.
La finalità dell’Istituto è duplice: “Adorare Gesù in Sacramento e
Attendere ad opere di carità verso il prossimo avendo di mira specialmente
l’educar la gioventù”.
Santa Geltrude, prima della sua morte, lascia aperte 16 case e l’Istituto
con 179 suore; assistono: le operaie, le orfane, le ragazze coatte
minorenni, gli studenti nei pensionati, gli anziani nei ricoveri, i
malati. Inoltre operano nelle parrocchie e negli oratori, aprono scuole di
studio e di lavoro, doposcuola, insegnano in diverse scuole comunali.
Dal primo nucleo di Bergamo l'istituto si espande alle altre città della
Lombardia e del Nord Italia.
S.
GENNARO, vescovo e martire (sec. IV).
Napoli? III sec. – Pozzuoli 305.
Ricorrenza: 19 settembre
Vescovo di Benevento, nel 305 a Pozzuoli rifiutò di sacrificare agli
idoli, perciò fu decapitato. I cristiani di Napoli trafugarono il suo
corpo e lo seppellirono nella zona detta Fuorigrotta. la sua nutrice ne
raccolse il sangue e lo conservò in ampolle. Dall'eruzione del Vesuvio del 472, quando
si rifugiarono presso la sua tomba, i napoletani scelsero Gennaro come
patrono e ogni anno ammirano il prodigio della liquefazione del Suo
Sangue, il 19 settembre e la prima domenica di maggio.
Nel
Duomo di Napoli sono conservate le due ampolle che contengono il sangue
del Santo allo stato solido. Il sangue si liquefà a diverse temperature e
in alcuni momenti ben precisi dando origine al "Miracolo di San Gennaro".
Questo fenomeno si ripete a maggio, il 19 settembre che è il giorno del
martirio del Santo e il 19 dicembre, anniversario dell'eruzione del
Vesuvio del 1631.
Attributi: viene raffigurato con la mitra e la mano destra alzata in
segno di benedizione. Quasi sempre sullo sfondo viene raffigurato il
Vesuvio in eruzione.
S. GIANNA BERETTA
coniugata MOLLA. Laica.
Pediatra e madre di famiglia.
Magenta-Milano 1922 - 1962
Ricorrenza: 28 aprile
Fu canonizzata nel 2004 da papa Giovanni Paolo II.
Riposa nella cappella della Famiglia Molla al cimitero di Mesero. La sua
tomba, è ancora oggi meta di pellegrinaggi e a lei è stato dedicato il
"Santuario diocesano della famiglia e centro di spiritualità nella città -
Santa Gianna Beretta Molla".
Gianna nacque, da genitori cristiani praticanti e terziari francescani. La
famiglia di origini veneziane, dal Seicento si era stabilita a Magenta,
dove si era ben presto radicata, dando alla città addirittura un parroco,
sette presbiteri e diversi notai.
Penultima degli otto figli sopravvissuti della famiglia Beretta, di cui
tre abbracciarono in seguito la vita religiosa.
Battezzata il giorno stesso della sua nascita, Visse a Milano fino ai 18
anni. Lì frequentò la Chiesa dei Padri Cappuccini. Nel 1925, dopo la morte
di alcuni fratelli si trasferì a Bergamo.
Medico chirurgo nel 1949 e specialista in pediatria nel 1952, dall’alto
spessore umano e spirituale. Continua però a curare tutti, specialmente
chi è vecchio e solo. «Chi tocca il corpo di un paziente - diceva - tocca
il corpo di Cristo».
Limpida e graziosa. Così appare la dottoressa Gianna Beretta all'ingegnere
Pietro Molla nei primi incontri.
Nel 1955 si sposano e vivono a Ponte Nuovo di Magenta, e lei arricchisce
di novità gioiose anche la vita della locale Azione cattolica femminile.
Dal 1956, svolse il compito di responsabile del Consultorio delle mamme e
dell'asilo nido facenti capo all'Opera Nazionale Maternità e Infanzia e
prestò assistenza medica volontaria nelle scuole materna ed elementare di
stato.
La nascita di tre figli rende la vita di Giovanna Beretta ancora più
gioiosa e colma d’amore. Alla quarta gravidanza, ecco la scoperta di un
fibroma all'utero, con la prospettiva di rinuncia alla maternità per non
morire. Mettendo al primo posto il diritto alla vita, Gianna decide di far
nascere Gianna Emanuela, anteponendo amorevolmente la libertà e la salute
del nascituro alla propria stessa vita. Con grandi fatiche porta a termine
la gestazione, preferendo morire anziché accettare cure che arrecassero
danno al feto.
S. GIOVANNA D'ARCO
Vergine.
Detta la pulzella d’Orléans.
Domrémy, Francia, 1412 circa - Rouen, Francia, 1431
Ricorrenza: 30 maggio
Nel 1920 Benedetto XV la proclamava santa. In un connubio di
patriottismo e misticismo insieme.
Figlia di contadini, analfabeta, nel 1429, lasciò giovanissima la casa
paterna per seguire il volere di Dio, rivelatole da voci misteriose,
secondo il quale avrebbe dovuto liberare la Francia dagli Inglesi.
Presentatasi alla corte di Carlo VII, convince il re di poter cavalcare
alla testa di un'armata e, incoraggiando le truppe con la sua ispirata
presenza, riuscì a liberare Orleans dal dominio inglese.
Dopo molti successi, il 17 luglio di quell'anno conduce Carlo VII a Reims,
dove è incoronato re.
Lasciata sola per la diffidenza della corte e del re, Giovanna non poté
condurre a termine, secondo il suo progetto, la lotta contro gli
Anglo-Borgognoni; fu dapprima ferita alle porte di Parigi e nel 1430,
mentre marciava verso Compiegne, in Borgogna, vittima di un'imboscata
ordita ai suoi danni, Giovanna è arrestata e venduta agli Inglesi.
Tradotta a Rouen (in Normandia) davanti a un tribunale di ecclesiastici,
tra molte sofferenze, estenuanti interrogatori, ed un sommario e iniquo
processo, il 30 maggio 1431 fu condannata per eresia e bruciata viva sul
rogo a Rouen.
Dopo la revisione del processo nel 1456 e l'assoluzione dell'imputata da
parte del papa Callisto II, si afferma il culto dell'eroica Giovanna,
testimone del coraggio, dell'amore per la giustizia e per la verità spinto
fino alla morte
Patronato: Francia, Radiofonisti, Telegrafisti
Emblema: Corona d’oro, Gigli, Spada
S. GIOVANNI BATTISTA MONTINI (Papa PAOLO VI°).
Nato a Concesio (Bs) 1897 – deceduto a Roma
1978.
Ricorrenza: 26 settembre
Proclamato Santo il 14 ottobre 2018 da papa Francesco.
La vocazione al sacerdozio non fu folgorante, ma graduale, frequentando
sacerdoti e respirando il clima religioso della sua famiglia. Ebbe come
padre spirituale l’oratoriano padre Giulio Bevilacqua. Frequentando da
esterno il Seminario bresciano, per motivi di salute, con l’aggiunta di un
lungo esaurimento nervoso; giunse ad essere ordinato sacerdote nel 1920 e
il vescovo decise per lui la destinazione per Roma; prima si laureò in
cinque mesi, a Milano in Diritto Canonico, poi nell’autunno del 1920,
arrivò a Roma, e si mise subito all’opera iscrivendosi alla “Gregoriana”
per la Teologia e contemporaneamente all’Università Statale, alla Facoltà
di Lettere. E nel giugno 1921 con pochi effetti personali e tanti libri si
trasferì in Vaticano, si laureò in Teologia, conseguì il Diploma
dell’Accademia per la diplomazia, ma dovette lasciare la Statale e il suo
desiderio di laurearsi in Lettere.
Nel 1923 inizia la carriera diplomatica presso la Segreteria di Stato di
Sua Santità.
Nominato arcivescovo partì da Roma il 6 gennaio 1954, per la grande
diocesi ambrosiana. Nella diocesi di Milano, Montini trovò una situazione
socio-politica in piena evoluzione, si era nel periodo della ricostruzione
civile e industriale post-bellica.
Eletto papa, Giovanni XXIII, come suo primo scritto inviò una lettera
all’arcivescovo di Milano per comunicargli la sua intenzione di nominarlo
cardinale e lo mandò in giro per il mondo a rappresentarlo, gli fece
conoscere ed approfondire il mondo di altre religioni. E così dopo il
breve pontificato di papa Giovanni, alla sua morte, nel 1963, veniva
eletto Papa, Giovan Battista Montini, con il nome di Paolo VI. Toccò a lui
continuare il Concilio inaugurato da papa Giovanni XXIII e concluderlo
solennemente l’8 dicembre 1965; il compito
più immane fu quello di promulgare e attuare i decreti rivoluzionari per
la Chiesa, che ne scaturirono. Scrisse encicliche basilari per la dottrina
della Chiesa, come l’ ”Ecclesiam suam”, la “Misterium fidei”, la
“Populorum progressio”, l’ ”Humanae vitae”, quest’ultima sul controllo
delle nascite e sulla “Paternità responsabile”, che tante polemiche
suscitò.
Dopo secoli fu il primo papa ad uscire dall'Italia; si recò in Palestina
nel 1964, suscitando un grande entusiasmo, Incontrò il patriarca ortodosso
Atenagora, dopo 14 secoli un papa e un patriarca si incontravano dopo lo
scisma; nel 1967 andò ad Istanbul andando così incontro alla Chiesa
d’Oriente. Abolì stemmi, baldacchini, la tiara pontificia, i flabelli
bizantini delle fastose cerimonie pontificie, la sedia gestatoria, le
guardie nobili, i cortei di armigeri, il trono fu sostituito da una
poltrona, la Guardia Palatina; con suo decreto stabilì che i cardinali
dopo gli 80 anni non potevano entrare in conclave. Il 1 gennaio 1968
celebra la prima giornata della Pace.
S. GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA,
sacerdote ed
educatore. apostolo della carità e della gioventù.
Nato a Brescia, 1841 – morto a Remedello, Brescia 1913.
Ricorrenza: 26
aprile.
Proclamata Santo nel 2012 da papa Benedetto XVI.
Nacque da una famiglia povera e, rimasto orfano di madre a 9 anni, crebbe
nei vicoli dei rioni popolari della città, trovando un sostegno educativo
nel nonno materno e nell'oratorio che affinarono la sua sensibilità e la
sua straordinaria generosità. Grazie al parroco di Vallio Terme (Bs) poté
entrare nel seminario diocesano.
Ordinato sacerdote nel 1865, iniziò il suo ministero sacerdotale a Carzago
Riviera, Bedizzole; fu nominato, poi parroco della chiesa di Sant'Alessandro
in Brescia ed in seguito a Pavone Mella.
Le prime esperienze oratoriane furono per lui una preziosa possibilità di
conoscere da vicino la gioventù alle prese con il duro mondo delle
fabbriche. Nei 13 anni di fecondo apostolato colse risultati ammirabili.
Lasciò la parrocchia di Pavone Mella per tornare a Brescia, dove si
dedicò a realizzare un'opera da tempo pensata e sognata “l’istituto
Artigianelli”, opera per venire incontro alle esigenze dei giovani e
fornire loro una formazione religiosa insieme all’apprendimento di un
mestiere, riflettendo sull'abbandono spirituale e la perdita della fede di
tanti giovani che confluivano in città per motivi di lavoro.
L'Istituto Artigianelli, raccoglieva l'eredità dell'istituto dei Figli di
Maria Immacolata fondato da Lodovico Pavoni. Per continuare l'opera,
diede vita a una Pia società di sacerdoti, chierici e fratelli ed una
congregazione femminile, le Povere Serve della Sacra Famiglia di Nazareth.
la sua Opera si è estesa anche all'estero, conta molte Case e centinaia di
membri.
Egli, poverissimo ma fiducioso nella provvidenza, fondò l'Istituto
Artigianelli nel 1886, con l'aiuto del sacerdote mons. Pietro
Capretti. Dal 1888 la crescita degli "Artigianelli" non si fermò più, si
moltiplicarono i fabbricati ed i laboratori.
Pochi anni dopo, rivolse la sua sollecitudine anche al mondo
dell'agricoltura, dando origine, con padre Giovanni Bonsignori, alla
colonia agricola di Remedello (Bs), con lo scopo di ridare vitalità e
dignità all'agricoltura.
Nel 1926 la sua salma venne traslata nella chiesa dell'Istituto
Artigianelli a Brescia.
S. GIOVANNI
CRISOSTOMO O GIOVANNI D'ANTIOCHIA, vescovo.
Antiochia, 344/354 circa– Comana sul Mar Nero 407.
La sua eloquenza, le sue doti retoriche nell'omiletica gli valsero
l'epiteto (Crisostomo), letteralmente «bocca d'oro».
Ricorrenza: 13 settembre
Proclamata dottore della chiesa nel 1568 da Pio V.
Educato dalla madre, S. Antusa, Giovanni negli anni giovanili condusse
vita monastica in casa propria. Poi, mortagli la madre, si recò nel
deserto e vi rimase per sei anni, dei quali gli ultimi due li trascorse in
solitario ritiro dentro una caverna, Chiamato in città e ordinato diacono,
dedicò cinque anni alla preparazione al sacerdozio e al ministero della
predicazione. Ordinato sacerdote dal vescovo Fabiano, ne diventò
collaboratore nel governo della chiesa antiochena.
Grande predicatore, nel 398 fu chiamato a succedere al patriarca Nettario
sulla cattedra di Costantinopoli, mostrandosi ottimo pastore e maestro di
fede. L'attività di Giovanni fu apprezzata e discussa: evangelizzazione
delle campagne, creazione di ospedali, processioni anti-ariane sotto la
protezione della polizia imperiale, sermoni di fuoco con cui fustigava
vizi e tiepidezze, severi richiami ai monaci indolenti ed agli
ecclesiastici troppo sensibili alla ricchezza. La sua personalità è quella
di un uomo innamorato della morale, desideroso di riformare la vita
cristiana, secondo l'ideale delle primitive comunità cristiane. Il suo
zelo e il suo rigore furono causa di forti opposizioni alla sua persona.
Deposto illegalmente da un gruppo di vescovi ed esiliato, venne richiamato
quasi subito dall'imperatore Arcadio. Ma due mesi dopo era di nuovo
esiliato, richiamato per decreto del papa sant’Innocenzo I°, durante il
viaggio di ritorno, subendo molti maltrattamenti da parte dei soldati di
guardia, rese l’anima a Dio.
Emblema: bastone pastorale.
S. GIOVANNI DAMASCENO,
teologo.
Nato a Damasco (da cui Damasceno) in Siria, 650-676 circa –morto a Mar
Saba vicino a Gerusalemme 749.
Ricorrenza: 4 dicembre
Proclamata dottore della chiesa da papa Leone XIII nel 1890.
Nato da famiglia araba di fede cristiana, suo padre era ministro delle
finanze. Colto e brillante, divenne consigliere ed amico del Califfo. La
frequentazione del monaco siciliano Cosmo, portato schiavo a Damasco,
determinò in lui il desiderio di ritirarsi a vita solitaria. Andò a vivere
nella «laura» di San Saba, piccolo villaggio di monaci a Gerusalemme, dove
ricevette l'ordinazione sacerdotale, e in virtù della sua profonda
preparazione teologica, ebbe l'incarico di predicatore titolare nella
basilica del Santo Sepolcro. Giovanni Damasceno, lottò strenuamente con la
parola e con gli scritti contro l’imperatore Leone III°, in difesa del
culto delle sacre immagini.
Giovanni Damasceno fu tra i primi a distinguere, nel culto dei cristiani,
l' adorazione dalla venerazione: la prima si può rivolgere soltanto a Dio, la
seconda invece può utilizzare un’immagine per rivolgersi a colui che viene
rappresentato nell’immagine stessa. Ovviamente, il Santo non può in nessun
caso essere identificato con la materia di cui l’icona è composta. In
collegamento con queste idee di fondo, Giovanni pone anche la venerazione
delle reliquie dei santi.
Tra le sue opere accanto agli inni e ai trattati teologici dedicati alla
Madonna, si ricordano soprattutto i tre Discorsi contro coloro che
calunniano le sante immagini. In questi testi è possibile rintracciare i
primi tentativi teologici di legittimazione della venerazione delle
immagini sacre, collegando queste al mistero dell’Incarnazione del Figlio
di Dio nel seno della Vergine Maria.
Scrive il Damasceno: “In altri tempi Dio non era mai stato
rappresentato in immagine, essendo incorporeo e senza volto. Ma poiché ora
Dio è stato visto nella carne ed è vissuto tra gli uomini, io rappresento
ciò che è visibile in Dio. Io non venero la materia, ma il creatore della
materia….”
Attributi: Viene raffigurato a volte monco, o con una linea rossa attorno
al polso destro. Il turbante indica la sua origine siriaca.
S. GIOVANNI D'AVILA,
teologo e grande umanista.
Almodóvar del Campo (Spagna), 1499 – Montilla (Spagna), 1569.
Ricorrenza: 10 maggio
Proclamato Dottore della Chiesa da papa Benedetto XVI nel 2012.
Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, seppe penetrare con profondità
i misteri della Redenzione.
Dopo l'ordinazione, l'Arcivescovo di Siviglia vuole tenerselo in Diocesi
come predicatore e lui accetta, dopo aver distribuito tutti i suoi beni ai
poveri. Lo chiamano un po’ tutti, “Maestro Avila”.
Giovanni, sospettato d’eresia, finì in carcere e quando poi lo lascia
(assolto), ha già in mano la prima parte della sua opera dottrinale più
nota “Audi, filia”, un trattato sulla Redenzione. E’ il tempo della
Riforma luterana, Giovanni v’interviene con documenti imperniati
soprattutto sulla formazione dei sacerdoti (istituzione dei seminari) e
sul dovere dei Vescovi di risiedere nelle loro diocesi.
S. GIOVANNI DELLA
CROCE (Juan de Yepes Álvarez), detto Doctor Mysticus.
Sacerdote e poeta. Patrono dei Poeti e dei mistici.
Fontiveros (Spagna), circa 1540-1542 - Ubeda (Spagna) 1591.
Ricorrenza: 14 dicembre
Proclamato Dottore della chiesa da papa Pio XI nel 1926. Rimasto
orfano di padre, dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all'altro,
mentre portava avanti come poteva i suoi studi.
Nel 1563 entrò nell'Ordine Carmelitano chiedendo di vivere senza
attenuazioni la rigida e antica regola carmelitana non più attuata. Nel
1567 dopo gli studi di filosofia e teologia fu ordinato sacerdote e nello
stesso anno incontrò Teresa d'Ávila che da poco aveva ottenuto il permesso
per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti
Scalzi). Conquistato dalle sue idee riformatrici ne appoggiò in pieno il
progetto, fu il primo tra i frati ad aggregarsi alla riforma dell’Ordine.
Il 28 novembre 1568 Giovanni fece parte del primo nucleo di riformati a
Duruelo cambiando il nome di Giovanni di S.Mattia in quello di Giovanni
della Croce. Tra le varie sofferenze, fisiche e spirituali, che ebbe a
sperimentare a seguito della sua adesione alla riforma, spicca in
particolare l'arresto e la carcerazione il 2 dicembre 1577, per un
incidente, nel monastero di Ávila, di cui venne ritenuto erroneamente
colpevole. Rimase rinchiuso per più di otto mesi, trovando peraltro
l'ispirazione per comporre alcuni dei suoi poemi mistici più noti. Riuscì
alla fine a fuggire, il 17 agosto 1578. Riprese gradualmente, dopo il
carcere, diversi incarichi importanti, nell'ordine carmelitano riformato,
che aveva acquisito progressivamente autonomia. Nel 1584 terminò a Granada
la prima redazione del Cantico Spirituale, mentre in questi anni scrisse e
perfezionò i suoi principali trattati spirituali.
I suoi scritti vennero pubblicati per la prima volta nel 1618.
Emblema: raffigurato in comtemplazione della croce.
S. GIOVANNI DIEGO DI GUADALUPE
San Juan Diego
Cuauhtlatoatzin, Laico.
Veggente di Guadalupe e contadino.
Ricorrenza: 9 dicembre - data della
prima apparizione (mentre il 12 dicembre, giorno dell'ultima, si festeggia
la Madonna di Guadalupe).
Nato nel 1474 circa – morto a Città del Messico 1548.
Il suo nome Cuauhtlatoatzin significa in lingua azteca "colui che grida
come un'aquila". Contadino di un modesto villaggio, nel 1524, fu uno dei
primi indios convertito al Cristianesimo a ricevere il battesimo, all’età
di cinquant’anni col quale assunse il nome cristiano di Juan Diego; con
lui fu battezzata la moglie Malintzin col nome di Maria Lucia.
Rimasto vedovo dopo solo quattro anni di matrimonio, orientò tutta la sua
vita a Dio.
Secondo la tradizione, nel dicembre 1531 la Madonna apparve a Guadalupe,
scegliendo come suo interlocutore un povero indio, dotato di fede
purissima, Juan Diego. L’apparizione avvenne tra il 9 e il 12 dicembre
sulla collina di Tepeyac vicino a Città del Messico.
Giovanni Diego Cuauhtlatoatzin, con la sua umiltà e il suo fervore fece sì
che si edificasse sul luogo, dove Ella apparve a Lui, dapprima una
cappella, quindi un grande santuario, la Basilica di Nostra Signora di
Guadalupe.
In essa è conservata la veneratissima immagine della Madonna di Guadalupe,
che secondo la tradizione si sarebbe impressa miracolosamente sul mantello
di Juan Diego.
Dopo questi fatti, Juan Diego si ritirò e visse santamente in penitenza e
orazione, in una piccola casa che il vescovo Zumàrraga gli aveva fatto
costruire a fianco della cappella santuario. Qui visse per 17 anni fino
alla morte.
Proclamato Santo da papa Giovanni Paolo II nel 2002, in occasione della
sua quinta visita pastorale in Messico.
Fu il primo Santo messicano, è chiamato ambasciatore-messaggero di Santa
Maria di Guadalupe.
S. GIROLAMO (O
GEROLAMO), Padre della Chiesa.
Sofronio Eusebio Girolamo nato a Stridone nell’odierna Croazia, ca.
340-347 – deceduto a Betlemme, 419/420.
Ricorrenza: 30 settembre
Proclamato dottore della Chiesa nel 1298 da papa Bonifacio VIII.
Girolamo, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato da papa
Liberio all'età di circa 20 anni.
Rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, recatosi in Oriente,
abbracciò la vita ascetica e condusse una vita di mortificazione
estremamente dura. Fu ordinato sacerdote a patto di conservare la propria
indipendenza come monaco dedicandosi allo studio dei libri sacri.
Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, alla sua morte, tornò
a Gerusalemme dove partecipò a numerose controversie per la fede, fondando
poco lontano dalla Chiesa della Natività, il monastero in cui morì.
Papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di
studioso, lo incoraggiò a intraprendere una nuova traduzione latina dei
testi biblici per motivi pastorali e culturali. La vasta preparazione
letteraria consenti a Girolamo la revisione e la traduzione di molti testi
biblici come quelli sui libri dei Profeti. Scrittore infaticabile, grande
erudito e ottimo traduttore, San Girolamo ha posto al centro della sua
vita la Bibbia. Girolamo Sente che per avvicinare l’uomo alla Parola di
Dio bisogna andare alla fonte e così, per la prima volta sulla base dei
testi originali in greco e in ebraico e, grazie al confronto con
precedenti versioni egli attuò la revisione dei quattro Vangeli in lingua
latina, poi del Salterio e di gran parte dell'Antico Testamento. Girolamo,
affiancato poi da altri collaboratori, poté offrire una traduzione
migliore della Bibbia: essa costituisce la cosiddetta "Vulgata", il testo
"ufficiale" della Chiesa latina, che è stato riconosciuto come tale dal
Concilio di Trento e che, dopo la recente revisione, rimane il testo
"ufficiale" della Chiesa di lingua latina. La fede è presentata come
nessuno aveva fatto prima.
Emblema: Cappello da cardinale, Leone.
S GIROLAMO MIANI
(Emiliani), fondatore dei Somaschini.
Nasce a Venezia 1486- Somasca di Vercurago, Lecco 1537
Ricorrenza: 8 febbraio
Canonizzato da Clemente XIII nel 1767.
Girolamo Miani, rampollo di una nobile
famiglia, da giovane intraprese la carriera militare al servizio della
Repubblica di San Marco. Dopo una giovinezza violenta, lussuriosa, fu
gettato in carcere nel 1511 dai nemici. La sua vita da laico venne come
«rifondata» nella notte del 27 settembre 1511, quando, dopo un sincero
voto di cambiare condotta, fatto alla Madonna Grande di Treviso, per
intercessione della Madre di Dio si trovò liberato dai ceppi della
prigionia, poi consegnati da lui stesso all’altare della Vergine.
Colpito dalla condizione dei poveri durante la peste del 1528, dedica
tutta la sua vita al loro servizio.
Provocato dalla povertà dilagante a Venezia, distribuisce i beni di
famiglia ai derelitti e si avvicina all’opera caritativa di san Gaetano da
Thiene. Quindi si consacra a Dio da laico e inizia a raccogliere orfani
per sfamarli ed educarli nella sua scuola-bottega. Si stabilisce infine
nel paesino di Somasca insieme ad altri compagni, alcuni dei quali
sacerdoti, Fondando la Società dei Servi dei poveri, poi detti padri
Somaschi. un’opera che continua ancora oggi, in Italia, ed in vari altri
paesi; con l’intento di dedicarsi ai disagi sociali trascurati dalla
società civile: orfani, prostitute e malati terminali.
Si dedicò, quindi, appieno, a tutti i miserabili, Essi intuirono il ruolo
di promozione sociale delle scuole e ne aprirono di gratuite con un metodo
pedagogico innovativo.
Girolamo fu tra i primi a occuparsi del recupero delle prostitute e un
autentico imprenditore della carità: «Inventò, già nel Cinquecento, le
prime scuole professionali. Pensava che ai ragazzi poveri si dovesse dare
dignità anche con un mestiere per mantenersi».
Si prodigò in una carestia ed in un'epidemia di peste a Verona, Brescia,
Como e Bergamo. Girolamo, contrasse il morbo mentre assisteva dei malati a
Somasca e morì mentre assisteva i malati di peste.
ll santuario di San Girolamo Emiliani a Somasca
di Vercurago, elevato a basilica da papa Giovanni XXIII nel 1958, fu
costruita dopo la morte di Girolamo su una preesistente chiesetta, per
custodire la Sua tomba e quella dei primi compagni. All’interno, si
venerano in un’urna le ossa del Santo.
Patronato: Orfani, Gioventù abbandonata
Attributi: Libro, cranio, crocifisso, chiavi
S. GIUSEPPE, sposo della vergine Maria e
padre putativo di Gesù
vissuto nel I° Secolo
Ricorrenza:
19 marzo e 1° maggio
Dal 1968 il giorno dell'onomastico (19 marzo) coincide con la festa del
papà.
Giuseppe, nato dalla stirpe di Davide, è
l'ultimo patriarca che riceve le comunicazioni del Signore attraverso
l'umile via dei sogni. 'È uomo giusto e fedele (Mt
1,19) che Dio ha posto a custode della sua casa e della sua famiglia. Egli collega Gesù, re
messianico, alla discendenza di Davide.
Giuseppe fece da padre putativo al Figlio di Dio, Gesù Cristo, che volle
essere chiamato figlio di Giuseppe ed essergli sottomesso come un figlio
al padre.
In silenzio, con
premura e amore Giuseppe accolse e custodì Maria e Gesù bambino e partecipò così
all'opera della redenzione. Fu lui a guidare con prontezza e coraggio la
Sacra Famiglia nella fuga e nel ritorno dall'Egitto.
Patrono della Chiesa universale, posto dal Signore a custodia della
sua famiglia, dei padri, di falegnami e carpentieri.
Emblema: Gesù bambino, Giglio che allude all'elezione divina e alla
castità delle sue nozze.
BEATO GIUSEPPE
ANTONIO TOVINI, terziario francescano. Laico.
Nato a Cividate Camuno nel 1841, morì a Brescia nel 1897.
La sua salma nel 1922 fu solennemente traslata dal cimitero alla chiesa di
S. Luca a Brescia luogo dove è venerato.
Ricorrenza: 16 gennaio
Beatificato a Brescia da Giovanni Paolo II
nel 1998.
Primo di sette fratelli, Riceve in famiglia la prima educazione
cristiana, la sua passione per lo studio spinge la famiglia, che non è
ricca, a iscriverlo al Collegio per giovanetti poveri di don Nicola Mazza
a Verona.
Nel 1859 muore il padre e sei anni dopo la madre. A diciotto anni si trova
orfano e con cinque fratelli minori da mantenere. Nonostante tutto
nell'agosto 1865 riesce a laurearsi all'Università di Pavia nello stesso
anno, a Lovere, comincia l’attività professionale. Due anni dopo si
trasferisce a Brescia presso lo studio dell’avv. Giordano Corbolani, suo
futuro suocero. Qui si svolgerà la sua attività professionale di avvocato
e qui maturerà la sua vocazione al matrimonio contrastata, negli anni
della giovinezza, da una fase d’incertezza fra lo stato religioso e quello
matrimoniale. Voleva diventare missionario.
Nel 1875, sposerà Emilia Corbolani, da cui ebbe dieci figli, dei quali uno
entrerà tra i padri Gesuiti e altre due si faranno religiose. Le lettere
alla fidanzata e alla moglie, durante le numerose assenze da casa per
motivi professionali e di apostolato, costituiscono una testimonianza di
come Tovini avesse scelto il matrimonio come strumento di santificazione.
La sua brillante carriera lo porta presto a vedere i disagi e i problemi
dei poveri, dei contadini, e soprattutto delle scuole.
Il terz'ordine francescano apparve al Tovini, fin dal principio della sua
attività, come un provvido mezzo di santificazione e di apostolato. Si
fece terziario nel 1882 e fu per otto anni ministro e maestro dei novizi.
Nei suoi 55 anni di vita fu un apostolo nei campi più diversi: la scuola,
il giornalismo, le banche, la politica (fù sindaco della sua città).
Fondatore di casse rurali, della Banca San Paolo di Brescia, del Banco
Ambrosiano di Milano, del quotidiano «Il Cittadino di Brescia». Fu tra i
promotori e poi presidente, del Comitato diocesano dell'Opera dei
congressi.
Strenuo difensore dell'insegnamento religioso nelle scuole a tutela della
fede e della morale dei giovani, aprì a Brescia molte scuole cristiane.
Fondò il primo "Giardino d'infanzia" in seguito l'Istituto "Cesare Arici",
poi l’Istituto magistrale Leone XIII° per gli universitari e poi la
rivista per gli insegnanti "La scuola Italiana moderna".
Sua costante preoccupazione fu la difesa della fede, convinto che, come
ebbe ad affermare in un congresso, "i nostri figli senza la fede non
saranno mai ricchi, con la fede non saranno mai poveri".
S.GIUSEPPE MOSCATI. Laico.
Benevento 1880 – Napoli 1927
Ricorrenza: 12 aprile (16 novembre)
Dichiarato santo il 25 ottobre 1987 da san Giovanni Paolo II.
Settimo dei nove figli di un magistrato, Giuseppe segue i trasferimenti
del padre da Benevento ad Ancona e poi a Napoli, dove visse quasi sempre.
Si iscrisse a medicina «unicamente per poter lenire il dolore dei
sofferenti» e nel 1903 consegue la laurea a pieni voti.
Cortese, amabile ma austero, operò nella città di Napoli dove ebbe cura
dei poveri, confortò i sofferenti, soccorse gli abbandonati. Manifestò una
particolare devozione mariana venerando la Vergine del Silenzio: fece sua
la fortezza di chi confida in Dio.
Da medico salvò alcuni malati durante l'eruzione del Vesuvio del 1906;
prestò servizio negli ospedali riuniti in occasione dell'epidemia di
colera del 1911; fu direttore del reparto militare durante la grande
guerra. Negli ultimi dieci anni di vita prevalse l'impegno scientifico.
Alla fine gli venne offerto di diventare ordinario, ma rifiutò per non
dover abbandonare del tutto la prassi medica diceva:«Il mio posto è
accanto all'ammalato!».
Straordinaria figura di laico cristiano, medico, ricercatore, insegnante.
La verità fu la vera meta della sua vita, vissuta con limpida coerenza da
uomo di scienza e fede alla luce del Vangelo di Cristo e al servizio al
bene dell’uomo.
Mai venne meno la sua quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai
malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri e nel
prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche
le anime.
Quando il malato è lontano e povero, egli stesso gli dona anche il denaro;
e l'aiuto spirituale durante le cure e dopo.
S. GREGORIO DI NAREK,
monaco, teologo, poeta e scrittore.
Nato nella Regione di Andzevatsik, Turchia
(allora Armenia), 944-951 – morì a Narek, Turchia (allora Armenia) circa
(1003-1010).
Ricorrenza: 27 febbraio
Proclamata dottore della chiesa nel 2015 da
papa Francesco.
La Chiesa Armena lo annovera tra i Dottori. La Chiesa latina anch’essa ne
riconosce la santità definendolo “Insigne per la dottrina, gli scritti e
la scienza mistica”,
San Gregorio nacque da una famiglia di scrittori. Morta la madre mentre
era ancora in tenera età, suo padre divenuto in seguito arcivescovo, lo
affidò, insieme al fratello Giovanni, alla cugina Anania di Narek
fondatrice della scuola e del villaggio.
Ben presto fu ordinato sacerdote e divenne abate del monastero di Narek,
dove condusse una vita piena di umiltà e carità, impregnata di lavoro e di
preghiera, animato da un ardente amore per Cristo e la sua Madre
Santissima. Gregorio fu uno dei più importanti poeti della letteratura
armena. Tra le sue opere si annoverano un Commentario al Cantico dei
Cantici, numerosi panegrici (tra i quali uno in onore alla Madonna) ed
una raccolta di novantacinque preghiere in forma poetica dette “Narek”,
dal nome del monastero in cui visse. Alla morte venne sepolto nello stesso
monastero e la sua tomba fu meta di pellegrinaggi.
Fedele alla tradizione della sua Chiesa, Gregorio fu un grande devoto
della Vergine, egli la cantò con accenti ispirati. Tra le sue composizioni
sono degne di nota il “Discorso panegirico alla Beata Vergine Maria” e la
Preghiera 80 intitolata “Dal fondo del cuore, colloquio con la Madre di
Dio”. Gregorio approfondì la dottrina dell’Incarnazione, traendone lo
spunto per esaltare e cantare con tenera pietà e stile sublime,
l’eccezionale dignità e la magnifica bellezza
della Vergine Madre.
S. GREGÒRIO DI NAZIANZO
(o G. Nazianzèno).
Uno dei "grandi Padri cappadoci”. Vescovo di Sásima, quindi di
Costantinopoli e infine di Nazianzo.
Nato a Nazianzo ((attuale Nemisi in Turchia), 329-330 circa –morì nel
389-390 circa).
Ricorrenza: 2 gennaio
Proclamata dottore della chiesa nel 1568 da papa Pio V.
Fu inviato a scuola presso Cesarea di Palestina, poi ad Alessandria
d'Egitto ed infine ad Atene, dove legò un'intima amicizia con il suo
conterraneo San Basilio Magno. Fece ritorno verso il 359 in Cappadocia e
ricevette il battesimo, all'età di trent'anni, come consuetudine a quel
tempo. Da quel giorno divise i suoi giorni tra l'ascesi e lo studio, in
compagnia dell'amico Basilio, nella solitudine presso Neocesarea. Ben
presto però, in seguito alle numerose richieste dei fedeli, fu suo
malgrado richiamato per ricevere l'ordinazione presbiterale, direttamente
dalle mani di suo padre, innamorato sempre più della vita solitaria, il
giovane sacerdote tornò, con San Basilio, nella regione del Ponto. Dovette
tuttavia accorrere nuovamente a Nazianzo per aiutare suo padre nel governo
della diocesi.
Quando Basilio, arcivescovo di Cesarea, creò nuove diocesi, Gregòrio fu
scelto come vescovo di Sasima, ma preferì tuttavia la solitudine. Dopo il
decreto di Teodosio prescrivente come ortodossa la fede di papa Damaso e
di Pietro di Alessandria, Gregòrio fu chiamato a Costantinopoli, a
predicare contro gli ariani ed eletto vescovo, ebbe così occasione di
pronunciare le sue più celebri omelie, accorse dalla Siria ad ascoltare le
sue parole perfino San Girolamo, che divenne suo discepolo. Nel 381,
Gregòrio, oggetto di critiche, si dimise e si ritirò nuovamente nella
nativa Nazianzo, che nel frattempo era rimasta priva di pastore, ed
amministro tale Chiesa locale per altri due anni.
San Gregorio fu uomo di meditazione è unanimemente considerato un buon
testimone della tradizione della Chiesa nelle questioni trinitarie e
cristologiche. Scrisse molto e nelle sue opere, rivelò l’esperienza del
Cristo vivente e operante nei santi misteri.
Emblemma: bastone pastorale.
S. GREGORIO I° PAPA
detto MAGNO.
Roma 540 circa – Roma 604.
Ricorrenza: 3 settembre
Proclamato dottore della chiesa nel 1298 da Bonifacio VIII. Fu uno
dei più grandi Padri nella storia della Chiesa e uno dei quattro
dottori dell’Occidente. E' stato detto Magno e soprannominato Apostolo
dell'Inghilterra, per aver convertito gli Inglesi alla fede di Cristo.
Nato da una famiglia senatoriale, alla morte del padre, fu eletto prefetto
di Roma, a soli
25 anni. In seguito decise di trasformare i suoi
possedimenti a Roma (sul Celio) e in Sicilia in altrettanti monasteri e di
farsi monaco e si dedicò con assiduità alla contemplazione dei
misteri di Dio nella lettura della Bibbia. Eletto Papa, il 3 settembre
590, esplicò una multiforme e intensa attività nel governo della Chiesa e
si mostrò vero pastore nel governala, nel soccorrere in ogni
modo i bisognosi, nel favorire la vita monastica e nel consolidare e
propagare ovunque la fede. Autore e legislatore nel campo della liturgia,
riorganizzò a fondo la liturgia romana ed elaborò un “Sacramentario” (libro
che contiene i testi per la celebrazione dell'Eucaristia in tutto l'anno
liturgico) che porta il suo nome e costituisce il nucleo fondamentale del
Messale Romano. Come scrittore ha lasciato una traccia profonda nel campo
della teologia e del diritto canonico, ma specialmente dell’esegesi biblica,
attività intellettuale che gli ha fatto guadagnare il titolo di “Dottore
della Chiesa” cioè Maestro di vita spirituale per tutti i fedeli. Promosse
quel canto tipicamente liturgico che dal suo nome si chiama “Gregoriano”.
Emblema: in abiti papali, triregno, regge un libro, Colomba.
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S. ILARIO DA
POITIERS, vescovo.
Poitiers (Francia), 315 circa – Poitiers, 367
Ricorrenza: 13 gennaio
Proclamato, da Papa Pio IX, Dottore della
Chiesa il 29 marzo 1851.
Fu vescovo di Pictavium (l'attuale Poitiers), teologo, filosofo e
scrittore; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Nato da nobile famiglia pagana, Ilario ricevette un'ottima educazione
retorica. La lettura dei testi sacri lo portò a convertirsi al
cristianesimo. Successivamente, intorno al 350, fu eletto vescovo della
sua città per il suo fervore religioso. La sua decisa lotta contro
l’eresia ariana lo fece entrare in conflitto con buona parte
dell'episcopato della Gallia e dell'Italia e fu per questo relegato in
esilio in Frigia, durante il quale approfondì gli studi. Ritornato in
patria ripresa la cattedra episcopale e continuò la lotta contro gli
ariani.
Gli scritti più numerosi di Ilario sono di argomento dogmatico e polemico.
Il suo capolavoro, De Trinitate (La Trinità), pubblicato durante l'esilio,
espone il dogma della Trinità, polemizzando contro gli ariani che negavano
a Cristo la natura divina. Di lui ci sono pervenuti anche tre inni
religiosi, che rappresentano il primo esempio di innografia cristiana
occidentale.
Emblema: Bastone pastorale.
S. ILDEGARDA DI
BINGEN, vergine.
Bermersheim vor der Höhe, (Germania) 1098 –Bingen am Rhein
1179
Ricorrenza: 17 settembre
Proclamato Dottore della Chiesa da papa Benedetto
XVI
nel 2012
Patrona degli esperanti¬sti per aver inventato una lingua artificiale,
utilizzando un alfa¬beto di 23 lettere.
Monaca benedettina, badessa e fondatrice di due nuovi monasteri, dalle
eccezionali virtù umane e cristiane, esperta di scienze naturali, medicina
e musica, volle soprattutto insegnare a cantare l’amore di Dio e la si può
considerare la prima donna musicista della storia cristiana. Ella fu anche
filosofa e consigliera politica, interpellata per consigli e aiuto da
personalità del tempo come Federico Barbarossa, Filippo d'Alsazia, San
Bernardo e papa Eugenio III. Testi¬mone di dialogo con il mondo, lasciò il
convento per de¬dicarsi all'attività missio¬naria in Europa. Grande
intellettuale, ha il coraggio di rendere pubbliche le sue “visioni
profetiche", esponendo le sue esperienze di contemplazioni mistiche in
scritti che Bernardo di Chiaravalle apprezzò e incoraggiò.
Forte della certezza di essere portatrice del messaggio divino. Incita i
Papi alla riforma, spiegando che lo Spirito Santo parlava attraverso di
lei, una donna, perché la Chiesa condotta da maschi, aveva tradito per
molti aspetti la sua missione.
Attributi: saio, penna, libro, cetra, bastone pastorale.
BEATO INNOCENZO DA BERZO
(al secolo Giovanni Scalvinoni)
- Sacerdote cappuccino.
Nato a Niardo nel 1844. Morì nel convento di Bergamo nel 1890.
Ricorrenza: 3 marzo giorno della morte.
Il 28 settembre ne fa memoria, l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, data
della traslazione.
Beatificato da Giovanni XXIII nel 1961 e patrono dei bambini, protagonisti
dei due miracoli del processo di beatificazione.
Il suo corpo è venerato nella chiesa
parrocchiale di Berzo Inferiore (Bs).
Nacque da un umile famiglia, il padre morì poco dopo la sua nascita,
rimasto orfano, trascorse l’infanzia a Berzo; facendo propria la fede
forte della gente di montagna. Fin da piccolo ebbe una grande pietà per i
poveri, dando generosamente quel poco che possedeva a coloro che bussavano
alla porta di casa.
La sua istruzione si svolse dapprima nel collegio di Lovere dove rimase
cinque anni e quindi nel seminario di Brescia dove, nel ricevette
l'ordinazione sacerdotale nel 1867 con il nuovo nome Innocenzo Maria. Fu
vicario coadiutore a Cevo per soli due anni e poi vicerettore del
seminario di Brescia.
L’innata timidezza, tuttavia, lo portava a desiderare una vita di
nascondimento e solitudine, tra preghiere e penitenze.
Si fece cappuccino e ricevette il nome di fra Innocenzo dove visse in
umiltà e preghiera. Anche tra i frati ricoprì solo incarichi modesti.
Quando da cappuccino andava in giro per la questua, era sommamente
soddisfatto di tornare in convento con la bisaccia vuota perché quanto
riceveva in offerta lo dava ai bisognosi.
Trascorse la maggior parte del tempo al convento-eremo dell’Annunziata,
dove rimase 14 anni. Dopo alcuni trasferimenti, gli venne affidato
l'incarico di dirigere e predicare gli esercizi spirituali nei conventi
della Lombardia. Cominciò allora a diffondersi la fama della sua santità.
I malati e gli afflitti accorrevano per ricevere la sua benedizione.
Nonostante l’eccellente conoscenza della teologia, astutamente appariva
dimesso, con la volontà di voler sempre scomparire e mai apparire.
Innamorato dell’Eucaristia, sostava quanto più poteva davanti al
tabernacolo. Amava molto il Crocifisso e l’esercizio della Via Crucis che
raccomandava ai suoi penitenti.
I suoi scritti svelano il disarmante segreto della sua santità:
l’incondizionato abbandono nelle braccia del Padre. “Gesù è da tutti
offeso nel mondo: tocca a me non lasciarlo solo nell’afflizione. L’amore
di Dio non consiste in grandi sentimenti, ma in una grande nudità e
pazienza per l’amato Dio. Non c’è altro mezzo migliore per custodire lo
spirito che patire, fare e tacere.
Avrò gran desiderio d’esser soggetto a tutti e in orrore l’essere
preferito al minimo”.
Giovanni XXIII, lo definì: "Un Santo moderno,
un Santo per il nostro tempo"
BEATA IRENE (MARIA MERCEDE) STEFANI, vergine.
Nata a Anfo (Val Sabbia), Brescia 1891 – morta a Gekondi, Kenia, 1930
Ricorrenza: il 31 ottobre
Proclamata beata sotto il pontificato di Papa Francesco;
Il rito di beatificazione è stato celebrato il 23 maggio
2015, in Kenya, presieduto dal cardinale Polycarp Pengo arcivescovo di
Dar-es-Salaam.
Maria Mercede nel 1911 entra nell’Istituto delle
Missionarie della Consolata e il 12 gennaio 1912 veste l’abito religioso
prendendo il nome di Irene. Il 29 gennaio 1914 emette la professione
religiosa
Nel 1915 partì missionaria per il Kenya dove allora l’evangelizzazione era
agli inizi e quasi inesistenti le scuole e i servizi sanitari. Dal 1914 al
1920, lavorò come infermiera dedicandosi all’assistenza negli ospedali
militari al tempo della Prima Guerra Mondiale, che raggiunse anche
l’Africa. Suor Irene trascorreva le sue giornate di giovane missionaria,
medicando, piaghe e ferite e distribuendo medicine e cibo, negli ospedali.
La seconda tappa della sua vita, dal 1920 al 1930, la trascorse nella
missione di Gekondi, dedicandosi all’insegnamento scolastico istruendo le
giovani consorelle giunte da lei per il tirocinio missionario.
Irene, missionaria del primo Novecento, durante il suo servizio negli
ospedali militari in Kenya e in Tanzania per medici, infermieri era
«l’angelo della carità». Nella missione a Gikondi, dove visse gli ultimi
anni della sua vita, la gente la chiamava «madre misericordiosa» per la
sua tenerezza soprattutto verso gli ammalati. La carità è stata la molla,
che ha illuminato la vita di suor Irene e i vari appellativi con cui è
stata chiamata sottolineano il proposito da lei fatto prima di raggiungere
il Kenya “Amerò la carità più di me stessa”.
La beata suor Irene ci lancia un messaggio semplice: se si vuole essere
felici bisogna dimenticare sé stessi, farci “prossimi” gli uni agli altri
e dialogare con tutti, per portarli all’incontro con Cristo. La beata, ci
ricorda che la carità non si racconta, ma si vive con gratuità e diventa,
servizio…
La sua missione fu variegata e sempre in movimento: insegnante,
consigliera delle donne e delle ragazze, confidente dei giovani e
assistente sociale, rubava ore al sonno per scrivere lettere, da parte
delle famiglie, ai giovani emigrati in cerca di lavoro. Aveva lo stile del
buon Samaritano, che dona gratuitamente e senza protagonismo.
Irene ha dato la vita per l’Africa, morì a soli 39 anni, dei quali 18
trascorsi tutti in Kenya, curando un uomo ammalato di peste.
S. ISIDORO DI SIVIGLIA,
arcivescovo,
teologo, scrittore.
Nato a Cartagena 559/560 - morì a Siviglia 636.
Ricorrenza: 4 aprile
Proclamato dottore della chiesa nel 1722 da papa Innocenzo XIII.
Discendente da una illustre famiglia, perse presto i genitori e fu
cresciuto dai fratelli maggiori Leandro, Fulgenzio, e Fiorentina. Dei suoi
fratelli due furono vescovi e Santi e la sorella fu badessa e Santa.
Completati gli studi nel monastero di Siviglia, Isidoro decise di restarvi
come monaco. Successe al fratello Leandro nel governo episcopale della
diocesi di Siviglia.
Scrisse molto, su vari argomenti: le opere che ci rimangono sono piene di
pietà e di sapienza celeste. Ricordiamo i Commentari sui libri storici del
Vecchio Testamento; i venti libri delle origini e delle etimologie.
Ultimo dei Padri latini, tuttavia, è noto soprattutto per le sue
«Etimologie», un'ampia opera, di fondamentale importanza nel Medioevo e di
amplissima diffusione.
Fu però soprattutto un vescovo zelante fondò un collegio ecclesiastico,
prototipo dei futuri seminari, dedicando molto spazio della sua laboriosa
giornata all'istruzione dei candidati al sacerdozio. In mezzo a tante
fatiche del ministero, non trascurò mai le pratiche di pietà e l'esercizio
della vita interiore; con la preghiera, la meditazione e la penitenza
avvalorava tutte le azioni della giornata.
Convocò e presiedette vari concili provinciali tra cui si ricorda
l'importante quarto concilio di Toledo del 633, durante il quale si occupò
di uniformare le formule liturgiche e impose una sola forma liturgica in
tutta la Spagna. Si adoperò con tutte le forze per ristabilire
l’osservanza della disciplina ecclesiastica nella Chiesa di Spagna.
Sapienza, mai disgiunta da profonda umiltà e carità, gli hanno meritato il
titolo di «doctor egregius»
Papa Giovanni Paolo II lo ha designato nel 2002 come patrono di Internet e
di chi ci lavora.
Attributi: Bastone pastorale, mitra, libro
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S. LEONE I°,
PAPA
Toscana, 390 - 400 circa – Roma, 461.
È stato il primo papa che ebbe il titolo di Magno (Grande).
Ricorrenza: 10 novembre
Proclamato Dottore della Chiesa da papa Benedetto XIV, nel 1754.
Il pontificato di Leone, dal 440 al 461, fu il più significativo ed
importante dell'antichità cristiana. In un periodo in cui la Chiesa stava
sperimentando grandi ostacoli a fronte della decadenza dell'Impero, Leone
affermò vigorosamente l'unità della Chiesa per mezzo di Roma e rivendicò
la supremazia del vescovo di Roma su ogni altro. Fu un papa energico,
avversò il paganesimo e intervenne d’autorità nella polemica cristologica
che infiammava l’Oriente.
A buon diritto meritò l’appellativo di Magno sia per aver nutrito il
gregge a lui affidato con la sua parola, sia per aver sostenuto, la retta
dottrina sull’incarnazione di Dio, nel Concilio Ecumenico del 451 di
Calcedonia (Kadıköy, oggi quartiere di Istanbul) da lui convocato, nel
quale si proclamava l’esistenza in Cristo di due nature (divina ed umana),
che si uniscono nell’unica persona del Verbo.
S. LORENZO DA
BRINDISI (Giulio Cesare Russo), sacerdote.
Brindisi, 1559 Lisbona, 1619.
Ricorrenza: 21 luglio
Proclamato dottore della Chiesa, da papa Giovanni XXIII nel 1959
col titolo di Doctor Apostolicus.
Perse il padre da bambino e la madre ch'era appena adolescente. A 14 anni
fu costretto a trasferirsi a Venezia da uno zio sacerdote, dove proseguì
gli studi e maturò la vocazione all'Ordine dei Minori Cappuccini. A Padova
segue gli studi di logica e filosofia e nuovamente a Venezia quelli di
teologia. Nel 1602. Divenne Vicario generale del suo Ordine.
Nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, svolse instancabilmente, nelle
regioni d’Europa, il ministero della predicazione; esercitò ogni compito
in semplicità e umiltà nel difendere la Chiesa contro gli infedeli.
Oratore eccelso, conoscitore di molte lingue e di cultura vastissima,
durante la sua vita fu messaggero di pace nel riconciliare tra loro i
potenti in guerra, sia i Pontefici sia i Principi cattolici, gli
affidarono ripetutamente importanti missioni diplomatiche. Per tre anni
frate Lorenzo rappresenta la Santa Sede in Baviera.
Fu anche autore di numerose opere di esegesi biblica, di teologia e di
scritti destinati alla predicazione. Inoltre, essendo un mariologo di
grande valore, egli mette in evidenza il ruolo unico della Vergine Maria,
di cui afferma con chiarezza l’Immacolata Concezione.
È ricordato anche per la sua straordinaria conoscenza della Bibbia nelle
tre lingue originali.
I suoi scritti rimangono inediti fino all’edizione integrale negli anni
1925-1956, in seguito alla quale Giovanni XXIII lo proclamerà Dottore
della Chiesa.
S. LORENZO RUIZ DI
MANILA, martire. Laico.
Binondo (Manila Filippine) 1600 circa – Nagasaki 1637 (Giappone).
Ricorrenza: 28 settembre. Unica commemorazione assieme a 15
compagni.
Proclamato santo da papa Giovanni Paolo II nel 1987.
Padre di famiglia, Lorenzo Ruiz si unì ad un gruppo di missionari
domenicani della provincia del Santo Rosario (Filippine) e svolse il suo
apostolato come catechista cattolico, presso vari paesi asiatici.
Nella prima metà del secolo XVII (1633-1637) Lorenzo Ruiz e il gruppo dei
suoi compagni di fede tutti missionari del Vangelo appartenenti o
associati all'Ordine di san Domenico, (nove sacerdoti, due frati e tre
terziarie, e tre laici, tra cui Lorenzo) pur di diversa età e condizione,
contribuirono a diffondere la fede di Cristo nelle Isole Filippine, a
Formosa, Taiwan e nel Giappone, testimoniando con la vita ed il martirio.
Per amore di Cristo, versarono il loro sangue nella città di Nagasaki.
Lorenzo venne arrestato a Nagasaki e, dopo essere stati sottoposti a vari
tormenti, questa gloriosa schiera, venne messa a morte (in vari periodi,
tra il 1633 ed il 1637: calati a testa in giù in una fossa piena di
rifiuti, vennero lasciati spegnersi lentamente.
S. LUCIA, vergine
e martire di Siracusa.
Siracusa, III secolo - Siracusa 304
Ricorrenza: 13 dicembre
Sin da fanciulla si consacrò segretamente a
Dio e fece voto di perpetua verginità. Un giorno propose alla madre, molto
malata, di recarsi al sepolcro di S. Agata per chiedere la grazia di
guarirla. Giunte a Catania pregarono tanto che San Agata apparve in
visione dicendo: “Sorella mia, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi
ottenere per tua madre? Ecco che, per la tua fede, ella è già guarita!”.
Fu allora che rivelò alla madre il desiderio di donarsi a Dio, rinunciando
al matrimonio ed elargendo le proprie ricchezze ai bisognosi. Era solita
portare aiuti ai cristiani nelle catacombe di Siracusa con una corona di
candele, per illuminare la strada e poter portare più cibo con le mani.
Denunciata e torturata, subì il martirio, all'epoca di Diocleziano nel
304, rimase miracolosamente illesa e infine uccisa con la spada per
decapitazione. La leggenda che le fossero tolti gli occhi è falsa, ma si
dice che esclamasse fra i tormenti: "farò vedere ai credenti in Cristo la
virtù del martirio e ai non credenti toglierò l'accecamento della loro
superbia".
Il suo nome la collega alla luce: di lei si scrisse: "diffondeva la luce
dei suoi occhi sulla lunga notte del solstizio". Santa
considerata simbolo della grazia illuminante.
Attributi: viene raffigurata con i suoi occhi sopra un piatto,
ramo di palma, spada.
S. LODOVICO PAVONI,
sacerdote.
Nato a Brescia 1784 - Morto a Saiano (BS) nel 1849.
Ricorrenza: 1 aprile - 28 maggio, data
della prima traslazione nel Tempio dell’Immacolata.
Fondatore della Congregazione religiosa dei Figli di Maria Immacolata (Pavoniani).
Proclamato santo da papa Francesco nel 2016.
I suoi resti mortali riposano dal 2002 nel Tempio votivo di Santa Maria
Immacolata in Brescia.
Nato da genitori nobili si rivela presto sensibile ai problemi sociali, al
contrasto tra benefici di pochi e sofferenza di molti. Decise allora di
farsi sacerdote, per dedicarsi al servizio dei poveri; ordinato nel 1807
si dedica ad un’intensa attività catechetica, fondando presto un suo
Oratorio per l’educazione cristiana dei ragazzi più poveri.
Nel 1812 il vescovo di Brescia Gabrio Nava lo nomina suo segretario,
concedendogli di continuare la direzione dell’Oratorio divenuto assai
fiorente. Nel 1818 lo designa come canonico del Duomo e lo autorizza a
dedicarsi interamente alla fondazione di un “privato Istituto di
beneficenza” con annesso “Collegio d’arti”, che dal 1821 si chiamerà “Pio
Istituto S. Barnaba”, per i giovani orfani, o trascurati dai propri
genitori e sbandati.
L'Istituto riuniva per la prima volta l'aspetto educativo, assistenziale e
professionale, ma «l'idea caratteristica» era che: i giovani venissero
raccolti, gratuitamente mantenuti, educati alla religione, avviarti ad un
mestiere e vi trovassero tutto ciò che hanno perduto: ... non solamente...
un pane ed una educazione nelle lettere e nelle arti, ma la famiglia; un
“metodo educativo”, che lo pone all’avanguardia dei pedagogisti
dell’Ottocento, elementi poi ripresi e sviluppati da S.Giovanni Bosco, un
modello che preluderà alle attuali scuole professionali. Nel 1824 da
inizio ad una attività tipografica (la prima in Italia) ed editoriale.
Introduce nel mondo del lavoro riforme di assoluta novità, anticipando la
dottrina sociale della “Rerum Novarum”.
Negli anni, i mestieri insegnati si moltiplicarono. Il Pavoni pensò anche
ai contadini e progettò una Scuola Agricola e nel 1841, accolse
nell'Istituto i sordomuti.
A sostegno e per la continuità dell'Istituto, il Pavoni pensava di formare
una regolare Congregazione religiosa, che riuscì solo nel 1847, col nome
di Figli di Maria, oggi Figli di Maria Immacolata (Pavoniani), che
appariva così audace e nuova (i “frati-operai”) da lasciare perplesse
autorità civili e religiose (sacerdoti, religiosi e laici collaborano
“alla pari” come educatori della fede).
Muore il 1° aprile 1849 a 64 anni, a Saiano, vittima eroica del suo
prodigarsi per portare in salvo i suoi ragazzi dal pericolo dei
combattimenti durante le “Dieci Giornate di Brescia”.
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S. MARIA CROCIFISSA DI
ROSA, vergine.
Paola Francesca Maria Di Rosa nata a Brescia 1813. Morta a Brescia 1855.
Canonizzata da Pio XII 1954.
Il suo corpo è venerato nella chiesa della
Casa Madre delle Ancelle della Carità a Brescia.
Fondatrice della congregazione delle Ancelle della Carità.
Memoria liturgica: 15 dicembre
Nata da ricca famiglia, suo padre, industriale bresciano, riesce a
fare affari d'oro, ma non adora il dio-denaro; la madre, nobile bergamasca,
muore nel 1824 quando Paola Francesca ha 11 anni.
Tra il 1825 e il 1830 Paola continuò gli studi e l’apprendimento della
dottrina religiosa nel convento di S.Croce, presso le suore della
Visitazione. Tornata in famiglia a 17 anni, proseguì una vita concentrata
sulla preghiera e sulla conduzione della dimora paterna.
Un anno dopo, nel 1831, rifiutando le nozze progettate dal padre, la
giovane decide di restare fedele al voto di castità fatto in istituto,
viene mandata a dirigere una filanda di proprietà dal padre ad Acquafredda;
diventando amica di quelle ragazze. Paola organizza aiuti per i bisognosi
e si dedica all'istruzione religiosa femminile, aiutata da alcune ragazze.
Il colera, che scoppia a Brescia nel 1836, trasforma Paola in infermiera.
Intanto, accanto all’azione di tipo assistenziale all’interno di
istituzioni già esistenti, cominciò a farsi strada in lei la volontà di
estendere il proprio impegno a nuove iniziative: sorsero così, sempre a
Brescia, due scuole per sordomuti. Poi, nacque in Paola il proposito di
fondare una associazione religiosa di infermiere che svolgesse attività di
assistenza fisica e spirituale negli ospedali e a domicilio degli
ammalati. Il progetto, sostenuto economicamente dal padre, divenne realtà
nel 1840, con l’inizio del servizio nell’ospedale femminile di Brescia.
L'associazione benefica, che all'inizio è un chicco invisibile, fa la sua
prova generale nella prima guerra d'indipendenza (1848) e nelle «Dieci
Giornate di Brescia». Dopo la repressione austriaca, l’opera di assistenza
fu indirizzata agli affamati e ai malati.
Nel 1951 Paola ottenne, da Pio IX, l’approvazione della congregazione
religiosa, col nome di Ancelle della Carità.
Nel 1852, Paola Francesca poté vestire l’abito religioso delle ancelle e
pronuncia i voti diventando suor Maria Crocifissa.
Santa Maria Crocifissa Di Rosa, consacrò i suoi beni e tutta se stessa
alla salvezza spirituale e materiale del prossimo.
Emblema: Giglio
S. MARIA GORETTI,
vergine e “martire della purezza”. Laica.
Corinaldo (Ancona) 1890 - Nettuno (Roma) 1902.
Proclamata santa nel 1950 da Pio XII.
Il corpo e le reliquie di Maria Goretti, sono conservati a Nettuno, nel
Santuario di Nostra signora delle Grazie e di Santa Maria Goretti e a
Corinaldo, in provincia d'Ancona.
Ricorrenza: 6 luglio
Figlia di contadini, Maria era la seconda di sei figli. I Goretti si
trasferirono presto nell'Agro Pontino. Nel 1900 suo padre morì e la madre
dovette iniziare a lavorare, lasciando a Maria l'incarico di badare alla
casa e ai suoi fratelli. La mamma Assunta era analfabeta. «Maria era
desiderosa -racconta la madre- di imparare le cose della fede, non ricordo
sia mancata alla Messa e pur non sapendo leggere aveva imparato a memoria
le preghiere e soprattutto il S. Rosario.
La fanciulla non litigava mai coi fratelli, se riceveva qualche frutta o
altro lo distribuiva ai fratellini e alla mamma e riservava per sé i
resti. «Maria -diceva mamma Assunta- nel mangiare non assaggiava nulla se
prima non aveva fatto la parte a me ed ai fratellini.
A undici anni Maria fece la Prima Comunione e maturò il proposito di
morire prima di commettere dei peccati. Quando ricevette Gesù nella prima
comunione, ripeté a Lui la sua promessa, «O Gesù piuttosto che offenderti
mi faccio ammazzare».
Quando Maria aveva 12 anni, Alessandro Serenelli, un giovane vicino di
casa, con la scusa di farsi rammendare dei vestiti, attirò Maria in casa,
la aggredì e tentò di violentarla. Alle sue resistenze e ai tentativi di
difendere la sua castità, la ferì più volte con un punteruolo. Trasportata
in ospedale il giorno successivo morì. Prima di spirare perdonò Serenelli.
In ospedale venne fatta la breve funzione della iscrizione e la
benedizione della medaglia della Madonna. Il suo volto s'illuminò quando
il cappellano, le appese al collo la medaglia che lei non finiva poi di
baciare. Suor Aurelia Pecchini, riferì che Maria vedeva la Madonna e
chiedeva di essere posta più vicino a lei. Ma nessuno la vedeva. E lei
meravigliata: «Possibile che non la vediate? È così bella! tutta luce! io
voglio stare più vicino alla Madonna». Chi fu presente non ebbe nessun
dubbio che la Madonna le fosse apparsa.
L'assassino fu condannato a 30 anni. Si pentì e si convertì solo dopo aver
sognato Maria che gli diceva che avrebbe raggiunto il Paradiso. Quando fu
scarcerato dopo 27 anni chiese perdono alla madre di Maria. E trascorse il
resto della sua vita come giardiniere e portinaio in vari conventi.
Fin da subito, la devozione per Maria Goretti si diffuse tra gli strati
più umili della popolazione, in particolare quelli rurali; a cui
apparteneva. La sua beatificazione avvenne nel 1947 con Pio XII, lo stesso
papa che la canonizzò, dopo essersi congratulato con la madre, che
ammalata e seduta su una sedia a rotelle, assisté al rito da una finestra
del Vaticano.
Emblema: Palma
BEATA MARIA MADDALENA (MARGHERITA MARTINENGO),
badessa dell’Ordine delle
Clarisse Cappuccine.
Si distinse per le opere di penitenza e le
doti mistiche.
Nata a Brescia nel 1687 e morta di tubercolosi a Brescia nel 1737.
Beatificata da Leone XIII nel 1900.
Ricorrenza: 27 luglio
I resti della Martinengo furono traslati nel 1972 nel monastero delle
cappuccine a Brescia.
Margherita di famiglia nobili, perse presto la madre e il padre le
assegnò come istitutrice una religiosa Orsolina alla scuola della quale
imparò a gustare di più la preghiera che i giochi infantili.
All’età di 5 anni prese come mamma e modello la Madonna.
A 10 anni entrò come educanda nel monastero delle agostiniane, dove erano
come religiose due zie materne e dove dette prova della sua precoce
vocazione al martirio.
A 13 anni fece voto segreto di verginità a Dio. Dopo sofferte contrarietà
familiari, nel 1705 diciottenne entró nel monastero delle Clarisse
Cappuccine e prese il nome di suor Maria Maddalena; dove rimase per 32
anni fino alla morte.
Il livello culturale e il decoro delle maniere, che le proveniva dal
rango, non contribuirono a facilitare i rapporti con la comunità
claustrale. Maria Maddalena per nulla al mondo, avrebbe voluto
primeggiare. Visse il primo decennio fra angosce, aggravate da ostilità di
consorelle. Tra il 1711 e il 1722, le furono assegnati gli incarichi più
umili del convento, nel 1723 fu nominata maestra delle novizie. La sua
condotta suscitò gelosie e alcune suore le divennero “contrarie”. Col
successivo incarico di “ruotara”, ebbe rapporti con l’esterno e la sua
fama si diffuse nella città.
Nel 1729, dando credito alle maldicenze di alcune suore, il confessore
ordinario, don Antonio Sandri, dette alle fiamme il manoscritto delle
Massime spirituali, che lo distrussero parzialmente, tramandato
incompleto. L’invidia delle consorelle verso la sua indubbia superiorità
spirituale, i timori delle abbadesse verso l’alone di santità. Ebbero come
conseguenza la sospensione punitiva da ogni incarico comunitario, poco
dopo, revocata dall’autorità vescovile.
Nel 1732 fu eletta badessa, quando il 21 apr. 1737 vi rinunciò, il suo
corpo era ormai sfinito
Suor Maria Maddalena andava in estasi d’amore ed il fuoco del divino amore
la consumava e per spegnere questo fuoco si affliggeva con una pratica
penitenziale sovrumana tenuta nascoste a tutti. È difficile esagerare il
suo martirio sconcertante, ma le sofferenze corporali furono superate da
quelle spirituali e morali.
Soggetta a prolungati svenimenti le consorelle poterono constatare, nel
suo corpo i segni delle sue tremende penitenze cilizi, incisioni e delle
stimmate di diversi tormenti della passione del Signore. I medici
esaminato il suo corpo trovarono i segni di tre chiodi, trenta aghi
attorno al cranio e molti altri in varie parti del corpo.
La Beata. Maria Maddalena ci ha lasciato numerosi suoi scritti, inediti
fino all’età contemporanea, sia diretti alle consorelle che
autobiografici, dove scrisse le sue esperienze per obbedienza ai
confessori.
BEATA MARIA TRONCATTI,
vergine. Missionaria, ausiliatrice presso gli indios
dell'Ecuador.
Nata a Corteno Golgi (Bs) nel 1883. Morta a Sucùa (Ecuador) nel 1969.
Beatificata nel 2012 Macas (Ecuador) dal delegato di Sua Santità Papa
Benedetto XVI, il card Angelo Amato
Memoria liturgica 25 agosto
La sua salma riposa a Macas (Equador)
Nacque in una modesta e numerosa famiglia che le diede un'educazione
cristiana. Vive serena e laboriosa e fin da giovanissima mostra un
profondo senso religioso unito a un carattere vivace e a una brillante
intelligenza.
Assidua alla catechesi parrocchiale e ai Sacramenti, l'adolescente Maria
matura un profondo senso cristiano che la apre alla vocazione religiosa.
Conosciute le missioni salesiane attraverso la lettura del Bollettino
Salesiano, iniziò a maturare la propria vocazione religiosa.
La vita dei missionari affascina la fervida immaginazione di Maria, che si
sente conquistata da quell’ansia di “portare Dio” a chi non lo conosce
ancora.
Per obbedienza al padre però, attende di essere maggiorenne prima di
chiedere l'ammissione all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice ed
emette la prima professione nel 1908 a Nizza Monferrato.
Durante la prima guerra mondiale suor Maria segue a Varazze corsi di
assistenza sanitaria e lavora come infermiera crocerossina nell'ospedale
militare dove assiste i feriti di ritorno dal fronte: una esperienza che
le riuscirà quanto mai preziosa nel corso della sua lunga attività
missionaria.
Scampata a un violento alluvione dopo aver invocato la Vergine Maria,
decise di partire per le missioni.
Partita per l'Ecuador nel 1922, è mandata fra gli indigeni, si addentrò
nella foresta amazzonica avendo come campo di missione la terra degli
indios Shuar, I missionari si stabilirono definitivamente a Macas, un
villaggio di coloni circondato dalle abitazioni degli Shuar. Con le due
consorelle inizia un difficile lavoro di evangelizzazione con instancabili
spostamenti nella selva in mezzo a rischi di ogni genere, non esclusi
quelli causati dagli animali della foresta e dalle insidie dei vorticosi
fiumi da attraversare. Suor Maria operava come chirurgo e infermiera
ortopedico, dentista e anestesista... ma soprattutto paziente catechista
ed evangelizzatrice, ricca di meravigliose risorse di fede e di amore
fraterno con il dono totale di sé che culmina nella morte, in un tragico
incidente aereo.
Grazie alla sua opera di promozione della donna Shuar nacquero centinaia
di nuove famiglie cristiane, sorte per la prima volta per libera scelta
dei giovani sposi.
Di fronte al riaccendersi del conflitto tra coloni e indios, suor Maria
aveva presagito la sua fine imminente, da lei offerta a Dio quale
sacrificio di riconciliazione tra i due popoli. Nella omelia, della
Cerimonia di Beatificazione Mons. Angelo Amato sottolinea come è stata
messaggera di pace offrendo la sua vita perché si ricomponessero le
divisioni tra i coloni e gli Shuar.
SANTA MARGHERITA DI
SCOZIA, regina e vedova
Ungheria 1046 circa - Edimburgo (Scozia) 1093
Ricorrenza: 16 novembre
Margherita Figlia di Edoardo, re inglese in esilio, nacque in Ungheria e
con la famiglia tornò in Inghilterra nel 1057. Sua madre, Agata,
discendeva dal santo re magiaro Stefano. A 24 anni sposò Malcolm III re di
Scozia. Ebbe sei figli maschi e due femmine di cui uno, Davide, venerato
come santo.
Si adoperò molto per il bene del suo regno e della Chiesa.
Ogni giorno Margherita apriva le porte del castello per accogliere ed
assistere personalmente poveri ed ammalati. La tradizione vuole che prima
di mangiare lavasse i piedi ai poveri e che si levasse a mezzanotte per
assistere alle funzioni. Anche i membri della corte, attratti dal suo
esempio, si univano a lei per le preghiere quotidiane.
Margherita esercitò un influsso notevole nella riforma religiosa della
Scozia, contribuendo a portare il culto locale in linea con il culto della
Chiesa di Roma.
Donna pia, Margherita si interessò alla costruzione di alcuni ricoveri per
i pellegrini di S. Andrea; mise anche a loro disposizione delle barche,
per passare da una sponda all'altra del fiume Forth. Uno dei suoi più
grandi progetti fu la ricostruzione dell'abbazia di Iona (isola della
Scozia).
S.
MARTINO DI TOURS, vescovo di Tours (Francia).
Sabaria (ora Szombathely, Ungheria), 316-317 -
Candes (Indre- et- Loire, Francia) 397
Ricorrenza: 11 novembre
Destinato per nascita alla carriera militare, Martino era ancora
catecumeno quando, giovane ufficiale, durante la ronda notturna incontrò
un povero seminudo: Martino non aveva denaro, e condivise il suo mantello.
Il povero gli riapparve in sogno la notte seguente e rivelò di essere Gesù.
Dopo il battesimo, evangelizzò le campagne francesi vivendo vita
eremitica: scelto come vescovo di Tours, cristianizzò la Francia, inaugurò
l'uso delle visite pastorali, fondò a Marmoutier il primo centro di
formazione per il clero.
Attributi: abito da ufficiale romano a cavallo,mentre taglia a metà
con la spada il suo mantello per coprire un mendicante.
S. MATILDE DI
GERMANIA, regina.
Engern (Sassonia) 895 circa - Quedlinburgo (Sassonia) 968
Ricorrenza: 14 marzo
I genitori cristiani, affidarono Matilde alla badessa di Erfurt, sua
nonna, non per diventare monaca, ma perché la educasse all'amore e al
desiderio delle virtù cristiane.
Nel 913 sposò il principe Arrigo che divenne imperatore. La modestia e
l'umiltà di Matilde, colpivano chiunque la conoscesse: sovente visitava
gli ammalati e i poveri nel cuore della notte e passava ore ed ore in
chiesa in unione con Dio, nella preghiera e nella contemplazione.
Nel 936 morì il marito e lei non era favorevole al primogenito Ottone come
successore. Si arrivò ad un conflitto tra i figli, però dopo
l'incoronazione imperiale di Ottone a Roma (962) la famiglia si
riconciliò. Attorno agli anni 938-941 i figli, concordi, allontanano la
madre perché spendeva troppo per le chiese e per poveri e malati. La
obbligarono a rinunciare ai propri beni e la rinchiusero in un monastero.
Dal 946 fino alla morte recuperò tutta la sua autorità e influenza
prodigandosi nella fondazione di ospedali, monasteri maschili e abbazie
femminili. In seguito si trasferì a Quedlimburgo dove morirà.
Raffigurata con corona, globo, scettro, borsa di denaro e modellino di
chiesa.
Patrona delle ricamatrici.
BEATO MOSÈ TOVINI,
sacerdote
diocesano.
Nato a Cividate Camuno (BS) nel 1887, Morto a Brescia nel 1930.
Ricorrenza: 9 giugno
Beatificato nel 2006 nella cattedrale di Brescia.
La salma è sepolta e venerata nella chiesa parrocchiale di Cividate Camuno.
Primo di otto fratelli, ebbe come Padrino di Battesimo lo zio, avvocato
Giuseppe Tovini, Beato.
Riceve in famiglia la prima educazione cristiana, d’intelligenza precoce,
a soli cinque anni con l’aiuto della mamma iniziò la scuola elementare.
All’età di nove anni prese a frequentare l’Istituto ginnasiale “Venerabile
Luzzago” in Brescia. Nel 1889 Mosè fu affidato al Collegio San Defendente
di Romano Lombardia per completare gli studi ginnasiali. Nel 1891 il
collegio celebrò solennemente il terzo centenario della morte di San Luigi
Gonzaga e fu affascinato dalla figura del santo tanto da ipotizzare la
futura vocazione al sacerdozio. Abbandonò il liceo per rispondere alla
vocazione sacerdotale, entrando in seminario. Concluso il liceo in
seminario, data la giovane età i genitori di Mosè ottennero dal rettore
che il figlio potesse conseguire la licenza presso una scuola pubblica.
Nel 1900, Mosè Tovini a soli ventidue anni, è ordinato sacerdote nella
chiesa Cattedrale di Brescia. Il Vescovo lo destina agli studi a Roma,
dove trascorse quattro anni, per perfezionarsi nello studio della
matematica, filosofia e teologia. Nel luglio 1904 il Tovini conseguì
finalmente ben più di una laurea: Matematica con diploma in Magistero,
Filosofia e licenza in Teologia.
Tornato a Brescia nel 1904, fu professore in Seminario fino alla morte
prima come professore e dal 1926 come rettore. La sua proposta educativa
indicava ai seminaristi tre presenze irrinunciabili: l'Eucarestia, la
Vergine Immacolata e il Papa. Il suo stile era fatto di puntualità,
preparazione seria, chiarezza, discrezione, obbedienza assoluta alle
direttive della Chiesa, del Papa e del Vescovo.
Il catechismo fu la passione di tutta la sua vita, tanto che già da
giovane professore collaborò all’Opera Diocesana del Catechismo. Accanto
all’insegnamento non mancò l’impegno pastorale: Provaglio d’Iseo, Torbole
e l’Azione Cattolica ed ebbe incarichi di fiducia in Curia:
Nel 1905 Mosè Tovini entrò nella nuova Casa del Clero della Congregazione
dei Sacerdoti Oblati.
La sua vita fu caratterizzata dall’umiltà e dalla mitezza.
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S. OBIZIO DI NIARDO od Obizzo,
eremita.
Nato a Niardo (BS), mori a Brescia, nel 1204/1206.
Canonizzato nel Giubileo del 1600.
A Niardo viene festeggiato la prima domenica di maggio assieme a San
Costanzo e al Beato Innocenzo da Berzo. Nelle solenni celebrazioni i
Corazzieri di Sant'Obizio scortano l'urna delle reliquie per le vie del
paese.
Ricorrenza: 6 dicembre.
Nasce da una famiglia agiata. Il padre, conte del luogo Graziadeo, è
governatore della Valcamonica.
Obizio non intraprende subito la carriera ecclesiastica ma
fu addestrato fin da fanciullo nell'arte bellica e partecipò giovanissimo
alle battaglie tra i bresciani ed i cremonesi.
Ancora giovane, prende moglie, da cui avrà quattro figli.
Il 7 luglio 1191, partecipò alla battaglia di Rudiano sull'Oglio, si trova
a combattere quella che sarà l'ultima battaglia della sua carriera
militare. Durante un contrasto con i bergamaschi, finisce nel fiume e
rimase intrappolato dalle travi di un ponte che era caduto sotto il peso
dei soldati. dopo lunghe ore riuscì a farsi liberare da un passante,
tratto a riva perde conoscenza ma ha una visione dell'inferno e le sue
orribili pene. Dopo questa esperienza prese la decisione d'abbandonare le
armi e dedicarsi ad una vita religiosa di penitenza e d'orazione.
Cavaliere e guerriero preferì la vita eremitica. Inizialmente, questo
proposito è ostacolato dalla moglie e dai figli che tentano, in tutti i
modi, di distoglierlo da questa decisione, Obizio, però, è irremovibile.
Anzi, inizia un'opera di convincimento perché i suoi familiari lo
comprendano e lo imitino. Le sue preghiere, tramutano la moglie e i figli
da ostili a sostenitori. Addirittura, i suoi due ultimi figli, diverranno
religiosi.
Obizio dovrà attendere ancora parecchi anni prima di potersi consacrare
interamente a Dio; anni trascorsi in completa povertà, dedicandosi ad
innumerevoli opere di bene. Passò ogni bene alla sposa, distribuì i suoi
averi ai più bisognosi e si dedicò completamente a Dio.
Fece lunghi pellegrinaggi in tutta l'alta Italia. Nel 1197, ottenuti i
consensi necessari, è ammesso come oblato nel monastero di Santa Giulia a
Brescia. Dopo sei anni di vita penitente in questo luogo morì sulla nuda
terra e fu sepolto nel chiostro del convento di Santa Giulia.
Tra il 1526 ed il 1528 il Romanino dipinse le storie della sua vita nella
chiesa di San Salvatore a Brescia, all'interno e all'esterno della
cappella a lui dedicata.
Quando il monastero di Santa Giulia venne soppresso nel 1797 la comunità
di Niardo reclamò le reliquie del suo santo, le quali sono ora custodite
nell'altare della parrocchiale.
Patrono di Niardo (BS)
S. OMOBONO DI CREMONA
Cremona XII Sec. - muore nel 1197
Ricorrenza 13 novembre
Oltre a essere patrono di Cremona, Omobono Tucenghi è protettore di
mercanti, lavoratori tessili e sarti. Egli stesso, infatti, fu
commerciante di stoffe stimatissimo in città. Era abile negli affari e
ricco. Oltretutto viveva solo con la moglie, senza figli. Ma il denaro,
nella sua concezione della ricchezza, vista non fine a se stessa era per i
poveri. La sua azione lo portò ad essere un testimone autorevole in tempi
di conflitto tra Comuni e Impero (Cremona era con l'imperatore). Quando
morì d'improvviso, il 13 novembre del 1197, durante la Messa, subito si
diffuse la fama di santità. Innocenzo III lo elevò agli altari già due
anni dopo. Riposa nel duomo di Cremona.
Quando morì, presto si diffusero notizie di miracoli da lui compiuti.
Altrettanto rapidamente iniziarono pellegrinaggi alla sua tomba, che
convinsero addirittura il vescovo Sicardo e una rappresentanza cittadina a
rivolgersi a papa Innocenzo III (questa venne interrogata dal pontefice in
persona), che canonizzò Omobono già il 13 gennaio 1199 con la bolla Quia
pietas, nella quale lo definì “pacificus vir”, a meno di due anni dalla
morte.
Sembra che Omobono sia stato il primo laico italiano della storia ad
essere canonizzato da un papa.
Patronato: Cremona, Mercanti, Lavoratori tessili, Sarti.
S. ORSOLA, martire.
Laica.
IV o V SEC. - Colonia (Germania)
Ricorrenza: 21 ottobre
La leggenda narra che la Santa e le compagne vissero probabilmente
nel IV secolo. La collocazione nella storia della santa può oscillare
dai tempi di Diocleziano nel 303-304, a quelli di Attila (395-453).
Si racconta che Orsola, figlia di un Re Bretone, nonostante fosse
segretamente consacrata a Dio, accettò, per non deludere il volere
paterno, di sposare il figlio di un Re pagano con la promessa che si
sarebbe convertito alla Fede cristiana. Ella partì con alcune vergini
per raggiungere lo sposo, ma nel viaggio incontrò gli Unni di Attila,
ciò provocò il suo martirio e quello delle 11 compagne. Ella fu trafitta
da una freccia perché non aveva voluto sposare Attila.
Questa leggenda ha una base storica poiché è stata ritrovata
un’iscrizione presso una Chiesa di Colonia.
Il culto di sant’Orsola si diffuse rapidamente, soprattutto nel
Medioevo. Sul luogo che commemora il martirio di Sant’Orsola e delle
compagne fu costruita una Basilica.
Colonia la ricorda come propria compatrona, ma anche Mantova ha
costruito in suo onore una Chiesa.
A Sant’Orsola si ispirò Sant’Angela Merici che istituì una nuova
Congregazione religiosa, detta delle Orsoline, appunto perché la
fondatrice propose S. Orsola come modello e patrona delle sue figlie,
per il difficile e sublime compito dell'educazione della gioventù
femminile. Come infatti S. Orsola seppe guidare alla vittoria quella
schiera eletta di sante vergini, così protegge ora l'odierna gioventù
femminile, attorniata da mille pericoli, facendola strumento di bene
nella famiglia e nella società.Fra il 1200 e il 1500 si diffusero alcune
confraternite chiamate “navicelle di Sant’Orsola” fra le quali il primo
nucleo di quella che poi divenne la Misericordia di Pisa.
Nutrita l’iconografia riguardante Sant’Orsola fra cui spicca “Il
martirio di Sant’Orsola” di Caravaggio, ultima opera del Merisi,
conservata a Palazzo Zevallos a Napoli.
Emblema: Donna sotto un mantello, Palma.
Patrona e protettrice delle ragazze, delle scolari, delle università,
degli educatori, dei bambini malati e dei mercanti.
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S. PAOLO,
(Saulo) di Tarso, martire.
Nacque probabilmente verso il 5-10 d.C. a Tarso nella Cilicia, oggi
Turchia meridionale
Decapitato, tradizionalmente un 29 giugno a Roma di un anno imprecisato,
64/67
Ricorrenza: 29 giugno
Nato da famiglia ebraica quale figlio di
farisei zelanti della legge, Saulo, come si chiamava prima di assumere il
nome di Paolo, studiò a Gerusalemme. Sebbene coetaneo, non conobbe
direttamente Gesù. Avversava i cristiani, tanto da arrivare a
perseguitarli direttamente. Si convertì al cristianesimo per volere di
Dio: mentre si recava a Damasco fu avvolto da una luce fortissima e udì la
voce del Signore, che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?".
Reso cieco, fu poi guarito dal capo della piccola comunità cristiana di
quella città. L'episodio, noto come "Conversione di Paolo", diede inizio
alla sua opera di evangelizzazione, ch’egli rivolse inizialmente agli
Ebrei. In seguito si dedicò alla predicazione fra gli abitanti della
Grecia e dell'Asia Minore. Fu il più grande missionario di tutti i tempi,
ovvero il principale (non il primo).
Missionario del Vangelo tra i pagani greci e romani fu definito l'avvocato
dei pagani. Insieme a Pietro fa risuonare il messaggio evangelico nel
mondo mediterraneo. Paolo fu il fondatore della Teologia Cristiana,
infatti, mentre i vangeli si occuparono prevalentemente di narrare le
parole e le opere di Gesù, le lettere Paoline definiscono i fondamenti dottrinali del valore salvifico della sua
Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione.
Morì a Roma sotto Nerone, decapitato con la
spada e sepolto sulla via Ostiense.
Paolo e Pietro patirono nello stesso anno e nello stesso giorno il
martirio e il 29 giugno si celebra l'anniversario di entrambi.
Emblema: spada
S.
PIER DAMIANI, cardinale e Teologo.
Ravenna, 1006 o 1007 – Faenza, 1072.
Ricorrenza: 21 febbraio
Venerato subito come santo, ebbe riconosciuto il suo culto ufficialmente
da papa Leone XII nel 1828 che lo proclamò anche dottore della Chiesa
per i suoi numerosi scritti di contenuto teologico.
Fu un grande riformatore e moralizzatore della Chiesa del suo tempo,
autore d’importanti scritti liturgici, teologici e morali.
Entrato nell’eremo di Fonte Avellana, promosse con forza il ripristino
delle regole di disciplina delle congregazioni religiose e del clero e, in
tempi difficili, richiamò con fermezza i monaci alla santità della
contemplazione, i chierici all’integrità di vita, il popolo alla comunione
con la Sede Apostolica.
Nel 1057 il Papa lo chiamò a Roma per averlo accanto in un momento di
crisi della Chiesa, dilaniata da discordie e scismi e alle prese con la
piaga della simonìa. Nominato vescovo di Ostia e poi cardinale, aiutò i
sei Papi che si succedettero a svolgere un'opera moralizzatrice.
Emblema: bastone pastorale
S. PIETRO (si chiamava
Simone),
apostolo e primo pontefice
Bethsaida (Galilea) - Roma, 64- 67 d.C.
Ricorrenza: 29 giugno
Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, professò, primo tra i
discepoli, che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente,
Gesù gli cambiò il nome in Pietro dicendogli:
“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”, Pietro è
l’apostolo scelto a fondamento della Chiesa (primo Papa) e
investito, da Gesù Cristo stesso, Pastore del gregge santo (Gv.21,15-17) e
confermatore dei fratelli (Lc 22,32). Nella sua persona e nei suoi
successori, Pietro è il segno visibile dell'unità e della comunione nella
fede e nella carità.
Gesù dice a Pietro che gli darà le chiavi del Regno dei Cieli: (Mt.16,13-19)
in base a questo, la tradizione immagina S. Pietro come custode
dell’entrata del Paradiso.
Simone professò, primo tra i discepoli, che Gesù è il Cristo, Figlio del
Dio vivente.
Pietro morì martire, durante la persecuzione anticristiana di Nerone, come
dice la tradizione, crocefisso a testa in giù. È sepolto in Vaticano
presso la via Trionfale.
Sigillò con il martirio la testimonianza al Maestro, nella fede e
nell’amore di Gesù Cristo, annunciando il Vangelo nella città di Roma.
Patrono di Roma, di pescatori, fabbri e mietitori.
Emblema: le chiavi del Regno di Dio o del Paradiso, croce
rovesciata, rete da pescatore.
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S. PIETRO CANISIO
(Pietro Kanijs, Canisio, nella forma latinizzata) dottore in filosofia.
Nacque nel 1521 a Nimega, città principale della Gheldria appartenente
allora all'impero germanico - mori a Friburgo, Svizzera, 1597.
Ricorrenza: 21 dicembre
Proclamata dottore della chiesa nel 1925 da
papa Pio XI.
Pietro Canisio era figlio del Borgomastro di Nimega, ha perciò la
possibilità di studiare diritto canonico a Lovanio (Belgio) e diritto
civile a Colonia (Germania). In questa città ama trascorrere il tempo
libero nel monastero dei certosini. Compiuta la pia pratica a Magonza
entra nella Compagnia di Gesù. Nel 1543, Canisio divenne l'ottavo membro e
il primo tedesco dell'ordine dei gesuiti fondato pochi anni prima.
Partecipa a importanti negoziati, in qualità di rappresentante ufficiale
della Chiesa. Nel 1547 Prende parte attiva al concilio di Trento, come
teologo del cardinale Truchsess e consigliere del papa.
Sant'Ignazio lo chiama in Italia, mandandolo dapprima in Sicilia, poi a
Bologna, per rimandarlo quindi in Germania, dove resta per trent'anni, in
qualità di Superiore provinciale.
Nei paesi germanici crea una rete di comunità gesuite, in special modo
collegi, si adoperò strenuamente per molti anni nel difendere e rafforzare
la fede cattolica esercitando un influsso decisivo nella Controriforma in
Germania, con la piena fiducia sia dell'imperatore Ferdinando I° che di
papa Gregorio XIII, favorendo una parziale diffusione del cattolicesimo
nel paese a maggioranza protestante.
Pio V° gli offrì il cardinalato, ma Pietro Canisio lo pregò di lasciarlo
al suo umile servizio della comunità.
Monumenti preziosi del Canisio sono i molteplici suoi scritti, edizioni di
opere dei Padri della Chiesa, libri di devozione e agiografici; I suoi
scritti più importanti sono i tre “Catechismi” composti tra il 1555 e il
1558, opera latina che godette dell'universale ammirazione e presto si
divulgò e fu adottata in tutto il mondo cattolico. In essa sono esposte in
forma facile e chiara le prime verità cristiane. Il primo era destinato
agli studenti in grado di comprendere nozioni elementari di teologia; il
secondo ai ragazzi del popolo; il terzo ai ragazzi di scuole medie e
superiori.
Solo nel tempo della sua vita sono state stampate ben 200 edizioni e
centinaia di edizioni si sono succedute fino al Novecento.
S. PIETRO CRISOLOGO,
vescovo di Ravenna.
Nato a Imola, ca. 380 – morì a Imola fra il 448 e il 450.
Ricorrenza: 30 luglio
Proclamato dottore della Chiesa da papa Benedetto XIII nel 1729.
Rare e imprecise sono le antiche testimonianze relative a questo Dottore
della Chiesa.
Nacque da agiata famiglia di Imola e fu battezzato ed educato dal vescovo
S. Cornelio, che poi lo avviò a studi letterari e giuridici a Ravenna e
Bologna. Ordinato diacono sempre da Cornelio, lo affiancò durante il suo
episcopato. Nella sua vita c’è un momento ovviamente importantissimo per
lui: quello della consacrazione a vescovo di Ravenna, intorno al 433. Ma è
importante pure tutto ciò che circonda l’evento. Innanzitutto c’è il papa
in persona a consacrarlo: Sisto III, cioè l’uomo della pace religiosa dopo
dissidi scontri e iniziative scismatiche. Quando Pietro tiene il suo primo
discorso da vescovo, ad ascoltarlo col papa c’è anche Galla Placidia,
figlia dell’imperatore Teodosio, sorella dell’imperatore Onorio e ora
madre e tutrice dell’imperatore Valentiniano III. E poi c’è Ravenna,
intorno al vescovo, Ravenna, che ora è la capitale dell’impero romano
d'Occidente. In questa capitale e in questo clima governa la sua Chiesa
facendosi conoscere per la sua santità. La sua pietà e il suo zelo gli
fecero guadagnare l'ammirazione dei fedeli e, grazie alla sua arte
oratoria e alla sua eloquenza pastorale, fu soprannominato “Crisologo” che
significa «dalle parole d'oro». Ma fu ancora più grande come
scrittore tanto da essere proclamato Dottore della Chiesa. La sua identità
di uomo e di vescovo viene fuori chiaramente dai suoi documenti, circa 180
sermoni, che ci sono pervenuti. E' lì che troviamo veramente lui, con una
cultura apprezzabile in quei tempi, e soprattutto col suo calore umano e
con lo schietto vigore della sua fede. I più celebri sono quelli contro le
calende di gennaio in cui non si stanca di ripetere che «non potrà
godere con Cristo in cielo chi vuol godere col diavolo in terra».
Emblema: Bastone pastorale.
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S. RITA DA CASCIA,
vedova e monaca agostiniana.
Roccaporena, presso Cascia, Perugia, c. 1381 - Cascia, Perugia, 1447/1457
Ricorrenza: 22 maggio
Proclamata Santa da papa Leone XIII il 24 maggio 1900.
Il suo corpo si venera nel santuario di Cascia, meta di continui
pellegrinaggi.
Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti, figlia unica, sotto la
vigile cura dei genitori diedero a Rita una buona educazione, insegnandole
a scrivere e leggere, cresceva giudiziosa e pia, con particolar tendenza
alla solitudine ed alla preghiera. Coltivava fin da giovane il sogno di
consacrarsi a Dio, ma per obbedienza ai genitori, sposò un giovane di
buona volontà ma di carattere violento da cui ebbe due figli. Armata di
pazienza sopportò con amore i suoi maltrattamenti senza mai lamentarsi, ne
addolcì il cuore riconciliandolo infine con Dio. La loro unione venne
interrotta dopo 18 anni quando il marito venne assassinato. Ella, capace
di una sconfinata pietà, coerente con il Vangelo di Dio, anziché pensare
alla vendetta, invocava il perdono per chi le stava procurando tanto
dolore e non solo: ma cercava di istillare nei suoi figli l'eroismo del
perdono cristiano. Scorgendo che crescevano tuttavia bramosi della
vendetta allora Rita arrivò a pregare Dio per la morte dei figli,
piuttosto che saperli macchiati del sangue fraterno: entrambi morirono di
malattia in giovane età, Dio l'esaudì.
Morti i figli, Rita ebbe molto a soffrire per l’odio dei parenti, che
convinse, dopo contrasti e grazie a prodigi, a non vendicarsi.
Vedova e sola, in pace con tutti, decise di seguire il desiderio giovanile
entrando nel monastero dell’Ordine di Sant’Agostino a Cascia. Visse per
quarant’anni anni nell’umiltà, nella carità, nella preghiera e nella
penitenza e la passione di Gesù era la sua meditazione prediletta.
Nel Monastero rimase fino alla sua morte all’età di 76 anni e si dice che
abbia compiuto almeno altri 5 prodigi prima di morire: un giorno, mentre
pregava con più intenso fervore, un raggio di luce partì dal Crocifisso,
si rifletté sul capo di Rita, poi una spina si staccò dal capo di Gesù e
venne a trafiggere la sua fronte e vi produsse una profonda ferita seguita
da un'insanabile piaga, come segno della sua profonda unione con Gesù
crocifisso. Piaga che rimase, per quindici anni, fino alla morte, che
oltre ad acuti dolori esalava un grande fetore, per cui Ella per non
infastidire le sorelle amava restare solitaria e conversare con Dio.
Costretta a letto e prossima alla morte, ricevendo la visita di una
parente le chiese una rosa dall’orto. La visitatrice obiettò che si era in
pieno inverno, il gelo e la neve erano abbondanti, ma Rita insistette.
Credette che scherzasse: però, rientrata a casa la parente, con grande
stupore, trovò una bella rosa, era un regalo del suo Gesù, che colse
portandola alla santa la quale la consegnò alle consorelle.
Vicina a morire udì Gesù e la sua santa Madre che la invitavano alla
celeste dimora.
Rita da Cascia è considerata la Santa degli impossibili perché si
ricorre alla sua intercessione nei casi che sembrano disperati.
Attributi: veste agostiniana, spina in fronte crocifisso.
S. ROBERTO
BELLARMINO, vescovo teologo e scrittore.
Roberto Francesco Romolo Bellarmino apparteneva all'Ordine dei Gesuiti.
Montepulciano 1542 - Roma, nel 1621.
Ricorrenza: 17 settembre
La causa di beatificazione, iniziata un anno dopo la sua morte, si
concluse solo sotto Pio XI, con la triplice glorificazione di beato, di
santo e nel 1931 di dottore della Chiesa.
Nacque in una numerosa famiglia di origini
nobili. Sua madre, Cinzia Cervini, molto pia e religiosa, era sorella del
papa Marcello II°.
Fu educato nel collegio gesuita della sua città natale. Dal 1560 al 1563
studiò nel Collegio Romano, sede della scuola gesuita. Successivamente a
Firenze e poi a Mondovì. Nel 1567 intraprese lo studio della teologia, a
Padova e poi nel 1569 fu inviato a completare questi studi a Lovanio nelle
Fiandre (Belgio) dove poté acquisire una notevole conoscenza delle eresie
più importanti del suo tempo; là nel 1570 fu ordinato sacerdote.
Fin da giovanissimo mostrò le sue ottime doti letterarie compose diversi
piccoli poemi. Uno dei suoi inni dedicato alla figura di Maria Maddalena
fu inserito poi per l'uso nel breviario. Come scrittore: Scrisse molte
opere tra le quali spiccano: le «Controversie», «Le ascensioni spirituali
della mente in Dio», l'«Arte del ben morire» e il «Catechismo».
Con l’opera il «Catechismo» semplice nella struttura ma ricca di sapienza,
fu "maestro" di tante generazioni di fanciulli. Papa Gregorio XIII
nell’istituire una cattedra per difendere, dagli assalti degli avversari,
le verità della fede, scelse Roberto che, per la sua monumentale opera le
“Controversie”, fu detto il Martello degli eretici.
Nominato cardinale,di Capua, si dedicò con
premura al ministero pastorale ove fu prodigo di cure e carità specialmente ai poveri.
Infine, a Roma, come consigliere di papa Paolo V, intervenne nelle
controversie teologiche del suo tempo con perizia e acume, in difesa della
Sede Apostolica e della dottrina della fede.
Emblema: bastone pastorale.
S. ROSA VENERINI,
vergine. Laica.
Fondatrice della congregazione delle
Maestre pie Venerini.
(Viterbo 1656 - Roma 1728)
Ricorrenza: 7 maggio
Proclamata santa da papa Benedetto XVI nel
2006.
Rosa nasce da una famiglia benestante, il padre era medico. La piccola
Rosa ricevette sin dall'infanzia un'ottima educazione religiosa dalla
madre e dalla zia materna Anna Cecilia, madre superiora nel convento di
Santa Caterina a Viterbo.
Da giovane ebbe difficoltà ad individuare la sua vocazione. Né il
matrimonio, né la vita religiosa sembravano adatte a lei. Cercò allora una
via nuova: con due concittadine aprì, per prima in Italia, nel 1685 a
Viterbo una scuola pubblica che si riprometteva di istruire le giovani e
nello stesso tempo di trasmettere un’educazione religiosa alle giovani più
povere, da qui ebbe origine la sua congregazione.
Si impegnò con coraggio «a favore dell'elevazione spirituale e
dell'autentica emancipazione delle giovani donne del suo tempo» (Benedetto
XVI).
Seguirono nel giro di pochi anni una decina di scuole nelle diocesi
confinanti. Molte furono le resistenze nei confronti di queste donne che
sembravano sospese tra vita religiosa e vita laicale. Rosa, tuttavia,
vicina alla spiritualità dell'ordine gesuita, proseguiva con tenacia nel
suo impegno perché si sentiva talmente «inchiodata alla volontà di Dio che
non mi importa né morte né vita». In questo spirito sopportò anche la
separazione da santa Lucia Filippini che, dapprima sua compagna, sembrò
poi mettersi in concorrenza con lei.
Dopo aver operato nel nord del Lazio, la Venerini impiantò il suo istituto
anche a Roma e dintorni.
Patrona di Viterbo.
S. ROSALIA VERGINE,
Eremita.
Rosalia Sinibaldi nata a Palermo 1130 circa –
morì: nella lapide fuori dal Santuario di Montepellegrino c'è scritto
1160, ma da ricerche più recenti, sembra essere morta intorno al 1170.
Ricorrenza: 4 settembre.
Proclamata santa nel 1630 sotto il pontificato da Urbano VIII.
Rosalia nasce dalla nobile famiglia dei Sinibaldi.
Nel 1128 durante un tramonto una figura celeste apparve ai nobili del
casato dei Sinibaldi rivelando la nascita di "una rosa senza spine". Per
questo motivo pare che, poco tempo dopo, quando nacque, la bambina venne
chiamata Rosalia.
La piccola Rosalia nacque da Maria Guiscardi e dal conte, crebbe cortese e
regale in quel felice periodo di rinnovamento cristiano-cattolico che i re
Normanni ristabilirono in Sicilia, dopo aver scacciato gli Arabi che se
n'erano impadroniti dall'827 al 1072; favorendo il diffondersi di
monasteri Basiliani e Benedettini.
In quest'atmosfera di fervore e rinnovamento religioso, s'inserì la
vocazione eremitica della giovane.
Al seguito di una visione del Cristo, lasciò la vita di corte del re
Ruggero, rinunciò alle nozze con il conte Baldovino e si ritirò in
preghiera prima in una grotta nelle montagne di Bivona, poi nei pressi del
monte Pellegrino. Qui nei dintorni, i Benedettini avevano un convento e
poterono seguire ed essere testimoni della vita eremitica e contemplativa
di Rosalia che, visse in preghiera, solitudine e mortificazioni; cercò Dio
in remoti anfratti di rocce protette dai monti, dove, secondo la
tradizione, visse di ascetismo fino alla fine. L'eremitismo di Rosalia fu
un'alta espressione di spiritualità e molti palermitani, salivano il monte
attratti dalla sua fama di santità.
Nel 1624 una tragica epidemia di peste invase Palermo, Rosalia apparve in
sogno ad una malata, e poi ad un cacciatore, indicando il luogo dei suoi
resti mortali da portare in processione per liberare la città come volere
della Vergine Madre. Così fu fatto: e dove quei resti passavano i malati
guarivano e in pochi giorni furono immuni. Da allora, la processione si
ripete ogni anno, con gioia e devozione dall'intera Palermo, dedicandole
"u fistinu" (il festino) che si celebra dall'10 al 15 luglio. La notte tra
il 14 e il 15 luglio viene celebrato il culto della Santa Patrona della
città di Palermo, con un carro trionfale, introdotto nel 1686, e un corteo
storico in costumi
seicenteschi.
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BEATA STEFANA QUINZANI,
vergine, suora domenicana.
Nata a Orzinuovi nel 1457 - Morta a Soncino (CR) nel 1530.
Ricorrenza: 16 giugno, per le diocesi
di Brescia e Crema. L'Ordine Domenicano la ricorda il 2 gennaio.
Il culto fu confermato da papa Benedetto XIV° nel 1740.
Le sue reliquie, nel 1988, sono state riportate a Soncino, e conservate
nella chiesa dei domenicani dedicata a S. Giacomo.
Nata da una famiglia di agricoltori, visse aiutandoli nel lavoro dei
campi. Ben presto la sua famiglia si stabilì in Soncino al servizio del
convento domenicano di S. Giacomo.
Entrò a quindici anni nel Terz’Ordine Secolare sospinta dalla sete di
perfezione indirizzata sin da bambina alla devozione per la passione di
Cristo.
La vita spirituale della beata Stefana, dominata dalla contemplazione del
Cristo sofferente, s’inserisce nella più genuina tradizione domenicana.
Questa divorante passione si manifestò nella Beata con fenomeni
straordinari.
La Stefana era nota come visionaria e profetessa a causa delle estasi
sulla passione che si ripetevano. Infatti per quarant’anni, ogni venerdì,
riviveva tutti i dolori e i tormenti della intera Passione di Gesù e
portò impresse nel proprio corpo le sacre Stimmate. Il teologo
domenicano Domenico Pirri, inquisitore di Mantova, confermò l’autenticità
delle stigmate.
Nei primi del 1500 a Soncino, fondò e resse fino alla morte un fiorente
monastero di Terziarie Domenicane dedite all’educazione delle giovani. Si
dedicò con generosità ad un intenso apostolato al servizio dei poveri,
della pace e alla formazione cristiana delle fanciulle. Promosse il
rinnovamento e l’impegno nella vita cristiana attraverso un ampio cerchio
di amicizie, anche con i potenti del suo tempo. Spinta fin da bambina ad
amare Dio sopra ogni cosa, arrivò all’intuizione dell’amore sponsale con
Gesù, attraverso grandi esperienze mistiche.
Mori santamente, nel monastero da lei edificato e guidato per anni,
pronunziando le parole di Gesù sulla croce: “In manus tuas Domine,
commendo spiritum meum!”.
S. STEFANO I° D’UNGHERIA
RE (laico)
Esztergom, Ungheria, ca. 969 - Budapest, Ungheria, 1038
Alla nascita ebbe il nome di Vajk.
Ricorrenza: 16 agosto
Poco dopo la sua morte, iniziarono le
segnalazioni di miracoli di guarigione che sarebbero accaduti nei pressi
della sua tomba. Stefano venne canonizzato da papa Gregorio VII nel 1083
come santo Stefano d'Ungheria
Fu il primo re ad essere canonizzato come santo.
Figlio del capotribù magiaro Géza ancora essenzialmente pagano, da bambino
ricevette una profonda educazione cristiana e all'età di 10 anni, gli
venne imposto un nuovo nome cristiano, Stefano (in onore del protomartire
santo Stefano, patrono della chiesa di Passavia).
Intorno al 995 sposò la principessa Gisella di Baviera, figlia di Enrico
II e di Gisella di Borgogna, che lo sostenne nella sua opera e che alla
sua morte si richiuse nel monastero benedettino di Passau.
Stefano e Gisella ebbero almeno tre figli: due maschi, Imre (poi
canonizzato come sant'Emerico) e Otto, e una femmina, Edvige. Stefano
sopravvisse a tutti i suoi figli.
Ricevuta da papa Silvestro II la corona del regno d'Ungheria nella notte
di Natale dell'anno mille con il titolo di "re apostolico". Fu un re
giusto e pacifico nel governare i sudditi ed è stato il primo re
ungherese, fondatore dello Stato e della Chiesa ungherese. Organizzò non
solo la vita politica del suo popolo, riunendo le 39 contee in unico
regno, ma anche quella religiosa. Si adoperò per propagare la fede
cristiana tra gli Ungheresi: riordinò la Chiesa nel suo regno, gettando le
fondamenta di una solida cultura cristiana. Egli divise il territorio in
diocesi, imponendo che ogni dieci villaggi fosse eretta una chiesa il cui
parroco era mantenuto a spese dei villaggi medesimi e all'interno delle
abbazie e dei monasteri trovarono sede le scuole. Le arricchì di beni,
facendo generose offerte, fra cui la più famosa, l’abbazia benedettina di
San Martino di Pannonhalma (oggi riconosciuta come patrimonio dell'umanità
dall'UNESCO).
Stefano contrastò le usanze pagane e favorì la diffusione del
Cristianesimo con numerose leggi.
Stefano avrebbe voluto abdicare per ritirarsi ad una vita di
contemplazione spirituale affidando il regno nelle mani dell'unico figlio
ancora vivente, Imre, tuttavia nel 1031 questi venne ferito a morte in un
incidente di caccia.
BEATO SEBASTIANO (SALVATICO)
MAGGI,
sacerdote. La dedizione allo studio gli valse il titolo di maestro in
sacra teologia.
Nato nel 1414 a Brescia - Morto a Genova nel 1496.
Ricorrenza: 16 dicembre mentre nella diocesi di Brescia è ricordato
il 7 novembre.
In visita come Vicario Generale nel
convento di Santa Maria di Castello (Genova), cadde ammalato e spirò. Le
sue spoglie sono venerate in quella chiesa.
La fama di santità e la testimonianza di miracoli portarono all'istruzione
del processo, coronato dall'approvazione del culto da parte di Clemente
XIII° nel 1760.
Nacque dalla nobile e potente famiglia Maggi discendente da Federico,
fratello di Berardo, vescovo di Brescia.
Nel 1429, quindicenne, Salvatico Maggi entrò nell'Ordine dei frati
predicatori, nel convento di S. Domenico a Brescia e assunse il nome di
fra Sebastiano.
Il Maggi, come sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, predicò il Vangelo e
si occupò dell’osservanza della disciplina nei conventi. Intervenne in
molte riforme e tentativi di riforma di conventi attuati nell'area
lombarda.
Nel 1495, come superiore del convento di Firenze, fu nominato giudice, da
Papa Alessandro VI, nel procedimento avviato contro G. Savonarola e
dovette proibire la predicazione.
Fu chiamato a reggere vari conventi. Santa Maria delle Grazie a Milano,
poi Brescia, Mantova, Verona, Piacenza e Bologna. Si distinse, come
priore, per le sue capacità di governo e per gli sforzi di tener vivo lo
spirito della riforma dell'Osservanza promossa da Santa Caterina da Siena
e dal beato Raimondo da Capua.
Per due volte fu vicario Generale della Congregazione di Lombardia.
Durante il priorato del convento di San Domenico di Brescia (1450 54),
quando la città fù flagellata dalla peste, ebbe modo di mostrare tutta la
sua carità. Venne descritto come “uomo dotato di una dolce bontà, di
mitezza e affabilità, retto, giusto e santo”. A Genova, ove in qualità di
vicario generale era in visita al convento di Santa Maria di Castello,
ebbe modo di conoscere santa Caterina Fieschi Adorno, per cui dai genovesi
è ricordato come il «confessore» della Santa.
Fu confessore anche di Ludovico Sforza detto il Moro.
Nel 1797 i suoi resti mortali conservati incorrotti vennero traslati
dall'antico a un nuovo altare di Santa Maria di Castello (Genova)
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S.
TERESA EUSTOCHIO VERZERI,
vergine
e
fondatrice.
Nata a Bergamo nel 1801. Morta, nella casa di Sant'Afra in Brescia, nel
1852.
Ricorrenza: 3 marzo Per le diocesi di Bergamo e Brescia il 27 ottobre.
Proclamata santa nel 2001 da papa Giovanni
Paolo II.
Il suo corpo è venerato nella cappella dell’Istituto delle Figlie del
Sacro Cuore a Bergamo. Primogenita dei sette figli di Antonio Verzeri e
della contessa Elena Pedrocca-Grumelli, famiglia che viveva radicalmente la
vita cristiana. Teresa di temperamento indipendente e intraprendente, ma
soprattutto molto riflessiva, fa i primi studi in casa. Spinta da un
inquieto desiderio di purificazione, mentre attendeva le lezioni dei
maestri, cominciò a chiedere al direttore il permesso di fare delle
mortificazioni e penitenze e offerse a Dio, con voto, il fiore della sua
verginità. In famiglia continuò a condurre una regolare vita monastica,
proponendo di rinnegarsi in tutte le cose, di combattere l'amor proprio e
di ubbidire ai genitori.
Teresa con l’aiuto di Mons. Benaglio, nel 1818 entra nel monastero
delle monache benedettine di S. Grata a Bergamo dove trascorse circa 14,
lì visse una lunga e sofferta maturazione spirituale. Qui, insieme a
Virginia Simoni, si occupò dell’attività educativa per le giovani
educande. Lasciato il monastero, per dedicare la sua vita e il suo impegno
nel mondo, l'8 febbraio 1831, insieme al canonico Benaglio, fonda la
Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù. Saranno educatrici
e guide delle ragazze povere, orfane e abbandonate. Realizzò nel giro di
pochi decenni numerose iniziative di apostolato cristiano-sociale in
favore dei bisognosi e degli esclusi. Convinta assertrice della necessità
di svolgere un'azione educativa elaborò una linea pedagogica organizzata
nel sistema del "metodo preventivo", anteriore a quello di don Giovanni
Bosco, è descritto nel Libro dei doveri: l'istruzione e la cultura non
vengono considerati come ornamenti o accessori, ma piuttosto come
"strumenti" necessari di liberazione e di progresso per l'individuo e in
particolare per la donna.
Si affrancò con coraggio dalla vigilanza e dall'autorità che il potere
ecclesiastico esercitava sugl’istituti di donne consacrate, avviando una
politica di gestione di segno femminile: fu la prima fondatrice a
richiedere la centralizzazione dei beni dell'istituto e la loro
amministrazione diretta e la prima a ottenere il riconoscimento del ruolo
di superiora generale, nonché la cancellazione dell'impossibilità per le
donne di occupare questo ruolo sancita dalla costituzione apostolica
(1749).
Morto il canonico Benaglio nel 1836, gravano su di lei le fatiche per la
formazione delle religiose, per le costituzioni, per i rapporti con Roma.
La Congregazione nel frattempo, continuando la missione della Fondatrice,
si estende in vari paesi del mondo.
S. TERESA DI GESÙ’
BAMBINO E DEL VOLTO SANTO (Thérèse Françoise Marie
Martin), chiamata Teresa di Lisieux per distinguerla da Teresa d'Ávila,
vergine.
Alençon (Francia), 1873 - Lisieux, 1897.
Ricorrenza: 1 ottobre
Proclamata dottore della chiesa da Giovanni Paolo II nel 1997.
Teresa nacque in un ambiente profondamente credente. Di recente anche i
suoi genitori, Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin, sono stati
proclamati Santi.
Morta la madre, quando aveva soltanto quattro anni, viene accudita dalle
sorelle maggiori, che una dopo l'altra entrano al Carmelo di Lisieux.
Riesce infine ad entrare anch'essa, nello stesso convento, all'età di
quindici anni, ma in monastero non trova l’isola di santità che
s’aspettava. Teresa la fa nascere dentro di sé e in sé compie la riforma
del monastero. Trasforma in stimoli di santificazione, maltrattamenti e
storture, restituendo gioia in cambio delle offese, divenne, per purezza e
semplicità di vita, maestra di santità. Su suggerimento della superiora
tiene un diario. Scrive nel 1895: «Il 9 giugno, festa della
Santissima Trinità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto
Gesù desideri essere amato». All'amore di Dio Teresa risponde con
tutte le sue forze, ma, l'anno successivo, si ammala di tubercolosi che la
porterà alla morte all'età di 24 anni. La novità della sua spiritualità,
chiamata anche teologia della "piccola via", ha ispirato numerosi
credenti. Teresa propone di ricercare la santità, non nelle grandi
azioni, ma negli atti quotidiani anche i più insignificanti, a condizione
di compierli per amore di Dio.
Sua sorella (suor Agnese nel Carmelo) le ha chiesto di raccontare le sue
esperienze spirituali, che escono postume in un volume col titolo
“Storia di un’anima” nel 1898 uno dei capolavori della spiritualità di
tutti i tempi. L'impatto della pubblicazione è stato notevole e la voce di
Teresa percorre la Francia e il mondo, colpisce gli intellettuali, suscita
tenerezze popolari. Morta sconosciuta, poiché monaca di clausura, è
celebrata e venerata a livello mondiale. In suo onore è stata edificata la
Basilica di Lisieux, (secondo luogo di pellegrinaggio di Francia dopo
Lourdes) ed e patrona di Francia assieme a Giovanna d'Arco e patrona delle
missioni, anche se non si mosse mai dal suo convento.
Attributi: i fiori di giglio e rosa
S. TERESA DI GESÙ
(d'Avila) (Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada).
Avila (Spagna), 1515 - Alba de Tormes (Spagna), 1582.
Ricorrenza: 15 ottobre
Proclamata Dottore della Chiesa da papa Paolo VI nel 1970.
Entrata nell’Ordine Carmelitano d’Ávila a vent'anni, dopo un travagliato
percorso interiore che la condusse a quella che definì in seguito la sua
"conversione", divenne una delle figure più importanti della Riforma
cattolica e contribuì al rinnovamento dell'intera comunità ecclesiale.
Donna di eccezionali talenti di mente e di cuore, divenuta madre e maestra
dell’Ordine Carmelitano, dispose nel suo cuore un percorso di
perfezionamento spirituale sotto l’aspetto di una ascesa per gradi
dell’anima a Dio. Nel Carmelo concepì e attuò la riforma che prese il suo
nome e poté estendere la riforma anche al ramo maschile dei frati
Carmelitani Scalzi. Fu autrice di diversi libri nei quali presenta la sua
dottrina mistico- spirituale e i fondamenti e le origini del suo ideale di
Riforma dell'Ordine carmelitano.
Emblema: Giglio
S. TOMMASO D'AQUINO, definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei.
Roccasecca, (FR), 1225 o 1226 – Fossanova (LT), 1274
Ricorrenza: 28 gennaio
Proclamato Dottore della Chiesa da papa Pio V nel 1568.
Uno dei pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica, il
pensatore più importante del Medioevo, trasmise agli altri, con discorsi e
scritti, la sua straordinaria sapienza. La sua influenza è tuttora
fondamentale nell’ambito della Chiesa cattolica.
Discendente da una nobile famiglia, a diciannove anni entrò a far parte
dell'ordine dei domenicani. Allievo di Sant'Alberto Magno studiò a Parigi
e a Colonia. Divenuto maestro di teologia a Parigi, v’insegnò fino al
1259, per poi trasferirsi in Italia, dove fu teologo della corte
pontificia. A questo periodo appartengono le sue opere maggiori, fra cui
la celebre ‘Summa’ la sistemazione geniale della dottrina filosofica e
teologica raccolta dalla tradizione.
Nel gennaio 1274, designato da Gregorio X, partiva per recarsi al Concilio
Ecumenico di Lione ma durante il viaggio morì.
Emblema: abito domenicano, stella ,libro.
S. THOMAS MORE,
italianizzato in Tommaso Moro, Martire.
Londra, 1478 - luglio 1535
Ricorrenza: 22 giugno
Nel 1935, è proclamato santo da Papa Pio XI.
Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima, avvocato, scrittore,
uomo politico e umanista. Compiuti gli studî letterari e giuridici a
Oxford, fu membro del parlamento (1504); ricoprì poi varie cariche
politiche e (1529) divenne cancelliere del regno, ma dovette dimettersi
(1532) perché si oppose alla tendenza di Enrico VIII di porsi a capo
supremo della Chiesa in Inghilterra e alla sua politica matrimoniale, e
manifestò sempre apertamente la sua disapprovazione per il comportamento
del re a proposito del suo divorzio da Caterina d'Aragona e del matrimonio
con Anna Bolena. Così, quando il re impose il giuramento dell'atto di
successione, che oltre il riconoscimento del divorzio da Caterina
d'Aragona e del matrimonio di Anna Bolena comportava la proibizione di
ubbidire al papa (1534). Tommaso More, per la sua fedeltà alla Chiesa
cattolica, rifiutò e fu processato e condannato a morte insieme all'amico
cardinale John Fisher. decapitato quindici giorni prima di Moro, anch'egli
per aver rifiutato di disconoscere il Papato.
More ha coniato il termine «utopia», indicando un'immaginaria isola dotata
di una società ideale, di cui descrisse il sistema politico nella sua
opera più famosa, «L'Utopia», del 1516.
Quando, venne giustiziato, «Avanzò verso il ceppo, davanti al quale
s'inginocchiò per la recita del Miserere. Poi si rialzò in piedi, e quando
il boia gli si avvicinò per chiedergli perdono, lo baciò affettuosamente e
gli mise in mano una moneta d'oro. Poi gli disse: "Tu mi rendi oggi il più
grande servizio che un mortale mi possa rendere”.
Patronato: Avvocati, nel 2000 venne dichiarato patrono degli
statisti e dei politici da Papa Giovanni Paolo II.
Emblema: Palma
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S. VALENTINO DI TERNI, vescovo di Terni, martire.
Terni 176 circa – Roma 273
Ricorrenza: 14 febbraio
Nato in una famiglia patrizia, fu convertito al cristianesimo e consacrato
vescovo di Terni nel 197, a soli 21 anni.
Primo vescovo di Terni, chiamato a Roma per la sua fama di taumaturgo,
operò guarigioni miracolose e conversioni:
Era famoso per la santità, la carità,
l’umiltà, lo zelante apostolato e per i miracoli che operava. Convocato
dalle autorità romane, poiché la sua popolarità stava crescendo
enormemente, i soldati romani lo catturarono e lo portarono fuori città di
notte, per flagellarlo, temendo che la popolazione potesse insorgere in
sua difesa. San Valentino si rifiutò di sacrificare agli idoli, non abiurò
la sua fede e fu quindi giustiziato e poi
fù sepolto lungo la via Flaminia che conduce a Terni. Qui sorse una
basilica a lui dedicata
Un documento dell’VIII secolo, Passio Sancti
Valentini, narra alcuni particolari del martirio: fu torturato e infine
decapitato.
La sua festa cade il 14 febbraio, tempo di amorosi risvegli: ma divenne
patrono dei fidanzati e poi degli innamorati, perché il 14 febbraio si
distribuiva a Roma una dote alle ragazze povere e nubili.
Patrono di Terni, di innamorati, amanti ed epilettici.
Attributi: abito sacerdotale o vescovile, palma del martirio.
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