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FRASE PRESA DAL DISCORSO O OMELIA DI PAPA FRANCESCO
Se non accettiamo di cambiare, se ci chiudiamo nella nostra rigidità, nelle abitudini o nei nostri modi di pensare, rischiamo di morire. La vita sta nella capacità di cambiare per trovare un modo nuovo di amare.
Udienza Generale
19 marzo
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SANTA DEL MESE DI FEBBRAIO
Vergine e fondatrice.
Nata a Bergamo nel 1801. Morta, nella casa di Sant’Afra in Brescia, nel 1852.
Ricorrenza: 3 marzo – Per le diocesi di Bergamo e Brescia 27 ottobre.
Proclamata Santa nel 2001 da Papa Giovanni Paolo II.
Il suo corpo è venerato nella cappella dell’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore a Bergamo. Primogenita dei sette figli di Antonio Verzeri e della contessa Elena Pedrocca-Grumelli, famiglia che viveva radicalmente la vita cristiana. Teresa di temperamento indipendente e intraprendente, ma soprattutto molto riflessiva, fa i primi studi in casa. Spinta da un inquieto desiderio di purificazione, mentre attendeva le lezioni dei maestri, cominciò a chiedere al direttore il permesso di fare delle mortificazioni e penitenze e offerse a Dio, con voto, il fiore della sua verginità. In famiglia continuò a condurre una regolare vita monastica, proponendo di rinnegarsi in tutte le cose, di combattere l’amor proprio e di ubbidire ai genitori.
Teresa con l’aiuto di Mons. Benaglio, nel 1818 entra nel monastero delle monache benedettine di S. Grata a Bergamo dove trascorse circa 14, lì visse una lunga e sofferta maturazione spirituale. Qui, insieme a Virginia Simoni, si occupò dell’attività educativa per le giovani educande. Lasciato il monastero, per dedicare la sua vita e il suo impegno nel mondo, l’8 febbraio 1831, insieme al canonico Benaglio, fonda la Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù. Saranno educatrici e guide delle ragazze povere, orfane e abbandonate. Realizzò nel giro di pochi decenni numerose iniziative di apostolato cristiano-sociale in favore dei bisognosi e degli esclusi. Convinta assertrice della necessità di svolgere un’azione educativa elaborò una linea pedagogica organizzata nel sistema del “metodo preventivo”, anteriore a quello di don Giovanni Bosco, è descritto nel Libro dei doveri: l’istruzione e la cultura non vengono considerati come ornamenti o accessori, ma piuttosto come “strumenti” necessari di liberazione e di progresso per l’individuo e in particolare per la donna.
Si affrancò con coraggio dalla vigilanza e dall’autorità che il potere ecclesiastico esercitava sugl’istituti di donne consacrate, avviando una politica di gestione di segno femminile: fu la prima fondatrice a richiedere la centralizzazione dei beni dell’istituto e la loro amministrazione diretta e la prima a ottenere il riconoscimento del ruolo di superiora generale, nonché la cancellazione dell’impossibilità per le donne di occupare questo ruolo sancita dalla costituzione apostolica (1749).
Morto il canonico Benaglio nel 1836, gravano su di lei le fatiche per la formazione delle religiose, per le costituzioni, per i rapporti con Roma.
La Congregazione nel frattempo, continuando la missione della Fondatrice, si estende in vari paesi del mondo.
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